Pakistan, islam: «Anche noi vogliamo liberare Rimsha» | Tempi.it

«È la prima volta nella storia del Pakistan che la comunità musulmana e quella dei religiosi si schiera in difesa di un non musulmano. Insieme chiediamo giustizia e la fine degli abusi della legge sulla blasfemia»

«Quello di Rimsha è un caso importante per i musulmani pakistani, per le minoranze e per il governo. Noi non vogliamo che qualcuno subisca ingiustizie e lavoreremo perché cessi questo clima di terrore». A prendere le difese di Rimsha Masih, cristiana minorenne e malata in carcere dal 16 agosto perché accusata di blasfemia per aver bruciato alcune pagine del Corano, è Tahir Ashrafi, capo del All Pakistan Ulema Council, gruppo che riunisce imam, religiosi islamici e anche alcuni fondamentalisti.

Il gruppo per la prima volta si è unito alla Pakistan Interfaith League (Pil), che riunisce diverse minoranze religiose, che ha chiesto la liberazione della piccola Rimsha e la modifica della legge sulla blasfemia, che prevede l’ergastolo o la condanna a morte per chiunque insulti o profani il nome di Maometto e dei santi islamici. La norma, inserita nel Codice penale pakistano nel 1986 durante la dittatura di Zia ul-Haq, è spesso strumentalizzata dai fondamentalisti e colpisce sia i musulmani che le minoranze religiose, come nel caso di Asia Bibi.

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