Pakistan, per Asia Bibi la salvezza resta lontana – Vatican Insider

Sul caso grava l’ombra dell’omicidio di un giudice, ucciso perchè ha assolto due cristiani ritenuti blasfemi

Paolo Affatato
roma

Se Meriam è salva, per Asia Bibi la fine dell’incubo è e resterà molto lontana. Dopo il rilascio e il “lieto fine” della vicenda della donna sudanese che ha incontrato Papa Francesco, in molti hanno rivolto il pensiero a un’altra donna e madre ingiustamente condannata a morte: Asia Bibi, in carcere da cinque anni in Pakistan. Asia, condannata in primo grado per presunta “blasfemia”, è in attesa dell’avvio del processo di appello davanti  all’Alta Corte di Lahore.

 

 

Per il prete pakistano Bernard Inayat, intellettuale e giornalista, direttore del magazine di Lahore “The Christian View”, la situazione di Asia non promette, realisticamente, nulla di buono. Dall’osservatorio che conduce, Inayat segue da molto vicino, con assidui contatti diretti, la vicenda di Asia e quella di un altro cristiano condannato morte per fase accuse di blasfemia, Sawan Masih. La visione che consegna a Vatican Insider non vede spiragli di risoluzione immediata: “Rispetto a Meriam, la situazione di Asia Bibi è ben diversa. Le pressioni in Pakistan sono fortissime e la legge sulla blasfemia (che punisce con la pena di morte il vilipendio al Corano e al profeta Maometto, ndr) è intoccabile. Per questo, anche i cristiani, presa coscienza di ciò, hanno scelto la strada di proporre almeno delle modifiche procedurali, per fermare gli abusi. Infatti la legge, per come è fatta, è un comodo strumento per accusare chiunque, in qualsiasi luogo, volendosene liberare, grazie a falsi testimoni”.

 

 

“In particolare, sul caso di Asia – spiega il direttore – pesa l’ombra dell’omicidio di un giudice dell’Alta Corte. Dopo aver assolto nel 1994 i due cristiani Rehmat Masih e Salamat Masih, tre anni più tardi il giudice musulmano Arif Iqbal Bhatti è stato brutalmente assassinato nella sua stanza all’Alta Corte di Lahore. Nessuno dei magistrati di oggi ha dimenticato e potrà mai cancellare dalla mente quell’omicidio, che è stato un chiaro avvertimento. Molti giudici non approvano la legge sulla blasfemia e sanno che Asia è innocente. Ma nessuno vorrà mai giudicare e assolvere Asia Bibi, perché farebbe la stessa fine di Arif Iqbal Bhatti. In questo stato di cose, assisteremo a una eterna litania di rinvii per quel processo. Nessuno sa se e quando il caso sarà mai calendarizzato e discusso in aula”.

 

Dunque, nessuna speranza? “La fede ci dice di sperare sempre, contro ogni speranza”, afferma Inayat. “Questo diciamo, confidando nella Provvidenza che può aprire porte e riportare luce laddove tutto sembra finito e buio. Ma sul terreno la situazione è questa, occorre dirlo per non farsi illusioni. Sebbene un ottimo team di avvocati, cristiani e musulmani, sia impegnato sul caso, i tempi del processo di Asia Bibi potranno prolungarsi in modo indefinito”.

 

 

Sulla controversa legge di blasfemia, di cui Asia Bibi è vittima, Inayat propone due emendamenti procedurali: “Quando c’è un caso di supposta blasfemia, bisogna porre in stato di fermo l’accusato e il suo accusatore, per stabilire chi sia la vittima. E l’indagine va svolta da un Soprintendente di polizia, non da agenti di rango più basso. Solo dopo l’indagine, può essere registrata una denuncia ufficiale (First information report), a carico dell’uno o dell’altro. Si potranno frenare gli abusi della legge se chi accusa falsamente rischierà pene simili a chi commette il reato”.

 

 

Il prete ha parole di elogio per il premier italiano Matteo Renzi: “Quanto ha detto nel discorso di insediamento alla presidenza dell’Unione Europea, citando Asia Bibi e altri casi di persecuzione dei cristiani, è molto incoraggiante per noi. Gli fa onore, e i cristiani pakistani lo ringraziano. E’ importante che in Europa si diffonda nell’opinione pubblica la consapevolezza della persecuzione che subiamo: a volte è una persecuzione non fisica o materiale, ma mentale e psicologica, molto più sottile ma parimenti dolorosa. Ad esempio, viene puntualmente negato il lavoro ai cristiani, costretti così ai lavori più umili. C’è una forte e radicata discriminazione, insegnata fin dalle scuole elementari statali. La discriminazione religiosa è istituzionalizzata, dato che la Costituzione impone che nessun presidente di stato o di provincia può essere un non musulmano”.

 

Inayat conclude: “Credo che l’Europa possa fare molto, dati i rapporti economici e politici con il Pakistan. Può far valere il suo peso politico nel chiedere al governo pakistano di combattere la corruzione e garantire a tutti i cittadini, di qualsiasi fede, lo standard per il rispetto della libertà religiosa e dei diritti umani”.

 

Fonte: Pakistan, per Asia Bibi la salvezza resta lontana – Vatican Insider.

Print Friendly, PDF & Email
Questa voce è stata pubblicata in Asia e contrassegnata con . Contrassegna il permalink.

I commenti sono chiusi.