Per “pacificare” la Libia, l’Occidente l’ha gettata tra le braccia di Al-Qaeda | Qelsi

Di Rosengarten, il – # – 1 commento

 

ImageProxyNon era stato difficile in sede di analisi politico-militare anticipare tre anni fa quello che sta succedendo oggi in Libia, un Paese precipitato nel caos totale, preso in mezzo com’è tra l’assalto degli integralisti islamici al governo legittimamante eletto, le guerre tribali, la lotta dei clan appoggiati da “amici” occidentali per accaparrarsi gas e petrolio libico in cambio di forniture strategico-industriali, e la sanguinosa lotta interna tra fazioni di nazionalità diverse che rischia di disintegrare sotto la spinta di forze centrifughe l’unità fittizia di etnie messe insieme con la colla dalle Nazioni Unite nel 1950. Non occorreva essere degli attenti analisti del Pentagono per prevedere cosa sarebbe successo in Libia una volta “risolto” con le bombe, decine di migliaia di morti e la distruzione di grandi aree metropolitane e di intere città il “problema” Gheddafi senza prima avere programmato una transizione controllata e senza vuoti di potere verso la democrazia. Una transizione che aveva un punto di partenza certo, cioè l’abbattimento del governo “autoritario” del Raiss – il quale però non era un dittatore quando veniva regolarmente invitato e calorosamente accolto alle riunioni dei “Grandi”, incluso il G8, ancora qualche settimana prima che cominciassero a sparargli contro – ma che non aveva un traguardo preciso, né una destinazione chiara e condivisa. Insomma, un vero e proprio salto nel buio l’operazione Gheddafi che ha finito con lo sfuggire di mano ai suoi truci propugnatori, Francia in primis con la colpevole sottomissione di Obama.

 

Sono stati gli occidentali i primi ad aggredire la Libia contrabbandando il perseguimento dei propri interessi commerciali nel teatro del Maghreb, che comprende paesi di enorme rilevanza strategica e/o sconfinate risorse naturali non rinnovabili come l’Algeria, il Mali ed il Marocco, con un intervento militare mirato a favorire l’avvento di un governo democratico a Tripoli. Già a settembre del 2011, a governo Gheddafi abbattuto dall’Asse Occidentale ed a dittatore dileggiato, seviziato e giustiziato senza uno straccio di processo, ci chiedevamo da queste colonne se Usa e Francia, Regno Unito ed Europa si fossero almeno tutelate per non gettare il Paese nelle braccia di Al Qaeda che sicuramente avrebbe cercato di trarre profitto dal vuoto di potere che si sarebbe venuto a creare nel dopo-Raiss. Speravamo che avessero almeno provveduto a cautelarsi dal rischio fondamentalismo che Gheddafi aveva sempre tenuto ben lontano dai propri sconfinati deserti, ed invece no, una precauzione che non è mai passato per la testa dei “Grandi” del pianeta di prendere, con i risultati attuali che sono sotto gli occhi di tutti.

Peraltro, grazie all’accordo decennale tra Italia e Libia, per un anno e più si era stroncato, quasi azzerandolo, il traffico di clandestini che per riversarsi sulle coste meridionali dell’Italia devono necessariamente passare nel collo di bottiglia costituito dalla Libia. Chiuso quello, amen, tutti respinti. Invece, dopo la morte di Gheddafi il lucroso traffico di migranti controllato dalla malavita organizzata è ripreso come e più di prima ed adesso i clandestini costituiscono un flusso inarrestabile, un’autentica piaga con migliaia di arrivi al giorno. Come non bastasse, l’anarchico dopo-Gheddafi delle Grandi Potenze ci hanno portato la jihad sotto casa, a tiro di gommone, inquinando con la guerra quella parte del Meditarraneo sino alle Colonne d’Ercole che era stata tenuta al riparo dal fondamentalismo islamico.

 

Ormai in Libia siamo all’escalation della guerra civile nel caos più totale prodotto dalla guerriglia islamica che si sviluppa a macchia di leopardo e nessun bersaglio può ormai più essere protetto o ritenersi al sicuro, tanto che le cronache quotidiane si stanno trasformando in veri e propri bollettini di guerra. Di recente, si sono dovuti registrare due morti e 55 feriti in un assalto al Parlamento di Tripoli, 79 morti e 151 a feriti gravi in scontri a fuoco avvenuti a Bengasi tra regolari e guerriglieri integralisti, mentre non si contano più gli atti di atrocità consumati verso la popolazione inerme in balìa dei terroristi. Un cruento e raccapricciante episodio di un paio di mesi fa che ha suscitato orrore ha riguardato una giovanissima cronista libica, Nassib Karnafa che lavorava per la TV al Wataniya. Era scomparsa mentre si trovava nella regione di Sabah, oltre 600 km a sud di Tripoli. In effetti era stata catturata dalle milizie integraliste islamiche, che l’hanno fatta ritrovare, ma non prima di averla atrocemente torturata e sgozzata viva come un animale per la duplice colpa di essere una operatrice dell’informazione, una sorta di spia agli occhi dei fontamentalisti, per di più donna.
Gli attacchi delle ultime ore sono talmente gravi ed incontrollabili da aver consigliato perfino la missione Onu a lasciare il Paese. Questa offensiva oltranzista è stata innescata da una fazione minoritaria fra le milizie islamiche che si appoggiano ai potenti clan di Misurata, la città martire della rivoluzione. Un gruppetto di miliziani legati al deputato misuratino Salah Badi da domenica ha avviato un fitto lancio di razzi e dato l’assalto alla milizia di Zintan che controllava l’aeroporto internazionale di Tripoli, provocando non meno di 35 vittime e qualche centinaio di feriti. Anche il secondo aeroporto di Tripoli, quello di Mitiga, è controllato dagli islamisti più radicali, così come risultano inagibili quelli di Misurata e Bengasi. In effetti pare che al momento in tutta la Libia siano ancora praticabili solo due scali, quelli di Tobruk e di Al Baida, situati nelle regioni orientali che però sono state dichiarate off limits ed interdette agli stranieri, per cui di fatto il Paese è ormai isolato dal mondo.

La partenza di tutto il personale diplomatico delle Nazioni Unite non è ovviamente un segnale incoraggiante per uno sviluppo positivo della situazione. Qualcuno a Tripoli ha parlato di vile fuga dell’ONU, ma occorre chiarire a difesa dei diplomatici delle Nazioni Unite, incluso il mediatore libanese Mitri, che sono stati minacciati pesantemente dalle fazioni integraliste, che notoriamente fanno sul serio, proprio per boicottare i loro tentativi di mediazione. Gli integralisti delle frange più estremiste hanno il solo obbiettivo di creare il caos e la fuga dal Paese di tutti gli stranieri per avere campo libero in un confronto diretto faccia a faccia con il governo e l’esercito libico ed hanno fatto circolare liste di persone da rapire o da eliminare ai primi posti delle quali ci sono proprio i funzionari dell’Onu. L’altro giorno, a Roma ci sono stati febbrili contatti tra Palazzo Chigi e Farnesina per organizzare l’evacuazione dell’ambasciata e degli italiani ancora presenti a vario titolo in Libia. Sarebbe il secondo esodo di nostri connazionali della storia recente, dopo quello del 1970 seguito alla confisca dei beni e delle proprietà di imprese e privati italiani ordinato da Gheddafi come anticipo del rimborso dei danni di guerra. I piani sono pronti, da tempo varie navi della Marina Militare italiana incrociano al largo delle coste libiche tenendosi pronte per ogni evenienza, ma per il momento il governo italiano e l’ambasciatore Giuseppe Buccino paiono propensi ad aspettare i prossimi sviluppi della situazione prima decidersi ad intervenire.

 

Il premier libico Al Thinni ha diffuso un comunicato che evoca la possibilità di una missione militare internazionale da condurre sotto l’egida dell’Onu per stabilizzare il Paese. Qui siamo al più grottesco dei paradossi se si pensa che la Libia è stata portata in stato di guerra permanente e sull’orlo del baratro proprio per colpa di un “intervento internazionale autorizzato dall’Onu” mirato a stabilizzare la Libia e deciso al volo alcuni minuti DOPO che i mirage francesi avevano già preso a bombardare Tripoli, mietendo 50mila vittime tra la popolazione civile. La Francia, per bocca di Hollande, si è dichiarata disponibile a “valutare l’opzione di una richiesta di aiuto a forze internazionali che sul terreno ristabiliscano la sicurezza e consentano al legittimo governo libico di imporre il rispetto della propria autorità”. Ma sulla base dell’esperienza di 3 anni fa molti paesi europei, e stavolta pure gli Stati Uniti dove i democratici già rischiano un tracollo alle prossime elettorali di medio termine per i problemi interni causati da Obama, sono terrorizzati dall’idea di far rimettere piede in Libia ai loro militari. In questa drammatica situazione, fa più tenerezza che rabbia la sortita di una fonte di Palazzo Chigi, evidentemente ispirata dal premier, secondo la quale “dovremo occuparci di Libia 24 ore su 24, non ci sono alternative possibili a questo (ma va? ndr)”, per poi aggiungere :”Paradossalmente, alla fine dal marasma libico potrebbe profilarsi uno sbocco positivo — quello richiesto dalla stragrande maggioranza del popolo libico — ovvero la creazione di uno Stato laico, ispirato fortemente all’Islam, ma lontano da fondamentalismi e integralisti. Per il momento però questi ultimi combattono duramente per imporre il loro punto di vista (ma va? Non ce n’eravamo mica accorti, ndr)”.

Prendiamo atto che per il governo italiano delle sinistre la lotta totale contro l’Occidente, brutale e sanguinaria, dei fondamentalisti islamici irriducibili non è intollerabile terrorismo, ma un “punto di vista” non perfettamente allineato a quello delle democrazie occidentali. Ma poi a quelli chi e come glielo si spiega che il loro “punto di vista” è sbagliato e non in sintonia con le nostre attese? O Renzi pensa di infilare tra le pieghe del suo vellitarismo riformatore pure una revisione in chiave di tolleranza, reciproco rispetto e pacifica collaborazione tra civiltà diverse delle frange jihadiste dello straripante ed apparentemente incontenibile fondamentalismo islamico? Siamo ansiosi di conoscere i dettagli della soluzione politica che il premier ha in mente.

Fonte: Per “pacificare” la Libia, l’Occidente l’ha gettata tra le braccia di Al-Qaeda | Qelsi.

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