Perché battersi per la famiglia | Giuliano Guzzo

family in the child's hands

Un tempo non tutti vivevano in famiglia, magari da taluni essa veniva vista come un limite più che un’opportunità. Eppure l’idea dell’unione stabile e pubblica fra uomo e donna costituiva comunque un riferimento, verso il quale tendere. Per la prima volta nella storia, l’affermarsi del relativismo familiare ha offuscato questo orizzonte comune assolutizzando la centralità dell’individuo, con quei riflessi di solitudine e di edonismo che abbiamo ricordato. Da secondaria, come qualcuno pensa, ecco che allora quella dell’unicità familiare si configura come battaglia cruciale, una sorta di punto di non ritorno dinnanzi al quale diversi hanno già iniziato a retrocedere, ma che chi ha a cuore il destino della società non può esonerarsi dal difendere.

Più del divorzio e più del calo dei matrimoni, fenomeni gravi ma che acquistano significato sempre e solo in relazione all’istituto familiare, la vera minaccia è oggi la dissoluzione dell’idea stessa di famiglia e del senso della sua relazionalità costitutiva. Per questo, prima che sia troppo tardi e che la società involva definitivamente nel caos, urge tornare a riconoscerla. Soprattutto, a riconoscere che la famiglia è una sola. A riconoscere che non è surrogabile e che non è vero – contrariamente a quello di cui vorrebbe convincerci il pensiero dominante – che laddove c’è amore c’è famiglia, perché affidarsi alla forza del mero sentimento trascurando quella della volontà non cementifica ma indebolisce i rapporti, resi dipendenti dal flusso mutevole degli umori; la stessa parola “famiglia”, definendo primariamente una «comunità domestica» , rimanda a una stabilità incompatibile con la frammentazione relazionale odierna e con la ricordata espressione “famiglia unipersonale”.

Sottolineare il fatto che la famiglia è una sola non significa dunque tentare di salvare la famiglia, non solo. Vuol dire preservare l’architrave sociale, un patrimonio di tutti, intergenerazionale, che appartiene anche a colo-ro che per più ragioni la avversano, e difendere gli interessi dei bambini, che nell’ordine e nella stabilità familiari – come non mancheremo di vedere più approfonditamente – hanno la garanzia di vedersi riconosciuto il diritto all’educazione e a una crescita equilibrata. Ecco, quando siamo colti dal dubbio che non valga più la pena spendersi, e che quella dell’unicità familiare sia una battaglia culturalmente già persa, ricordiamoci di loro. Del loro bene, del mondo in cui vorremmo crescessero e di quello che sarebbe giusto che a loro volta, un giorno, insegnassero ai loro figli.

(Guzzo G. La famiglia è una sola, Edizioni Gondolin 2014, pp.15-16).

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