Pillola giorno dopo. È abortiva ma l’Aifa non lo scrive | Tempi.it

febbraio 10, 2014 Redazione

L’Agenzia del farmaco ha sostituito l’indicazione «il farmaco potrebbe anche impedire l’impianto» con «inibisce o ritarda l’ovulazione». Aperture del Pd sull’uso domiciliare della Ru486

pillola-jpg-crop_displayL’Aifa, Agenzia Italiana per il farmaco, ha deciso di eliminare dalla scheda tecnica della pillola del giorno dopo l’avvertenza «il farmaco potrebbe anche impedire l’impianto» e provocare un aborto. La decisione di escludere gli effetti potenzialmente abortivi del farmaco a base di Levonorgestrel dalle contro-indicazioni è stata confermata dalla Gazzetta Ufficiale del 4 febbraio. Quello che molti considerano un escamotage per favorire la commercializzazione della pillola, a discapito della corretta informazione scientifica, potrebbe obbligare per legge gli obiettori di coscienza alla prescrizione.

FARMACO ABORTIVO-CONTRACCETTIVO. L’Aifa, con un cambiamento di rotta avvenuto in sordina, ha inserito nel bugiardino del farmaco abortivo con effetti contraccettivi, l’indicazione «inibisce o ritarda l’ovulazione». Sembra un cambiamento da poco ma in realtà è una scelta che contrasta con la posizione scientifica assunta in questi anni dalla stessa Aifa. Secondo molti studi scientifici, accettati finora dall’Agenzia del farmaco italiana, infatti, l’assunzione di Levonorgestrel non provoca soltanto l’inibizione dell’ovulazione (nel 20 per cento dei casi) o un suo ritardo, ma ha un effetto “antinidatorio”, cioè impedisce che l’eventuale ovulo fecondato si impianti nella parete uterina, mediante un meccanismo di alterazione della parete stessa, provocandone l’espulsione, cioè un aborto.

ABORTO DOMICILIARE. Fa discutere anche quanto emerge dalla relazione annuale sull’attuazione della legge 194, sull’aborto, che la prossima settimana sarà portata in commissione Affari Sociali della Camera. Al contrario di quanto dispone la legge, che prescrive tre giorni di degenza in ospedale nel caso di somministrazione della pillola abortiva Ru486, «molte donne (76 per cento) hanno richiesto la dimissione volontaria dopo la somministrazione di Mifepristone o prima dell’espulsione completa del prodotto abortivo, con successivi ritorni in ospedale per il completamento della procedura», è scritto nel documento del ministero della Salute. «Visto che la prescrizione non viene rispettata e non ci sono conseguenze – ha spiegato la relatrice del rapporto, Elena Carnevali (Pd) – chiederemo una verifica al Ministero della Salute, per capire se sia realmente necessaria».

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