Più di un dubbio sulla nomina del cattolico Borg a Commissario | Corrispondenza romana

(di Mauro Faverzani) Il quotidiano della Cei, “Avvenire”, ha esultato, annunciando enfaticamente lo scorso 22 novembre: «La pregiudiziale anticattolica è battuta». Nello stesso giorno “Repubblica”, viceversa, si è stracciata le vesti: «Commissario anti-abortista, scontro alla Ue». Ottiche diverse per parlare di uno stesso fatto, la nomina a Commissario europeo per la Salute e la Protezione dei Consumatori del maltese Tonio Borg, approvata con 386 voti a favore ‒ Ppe, parte dei socialisti e Epd, di cui fa parte anche Lega Nord ‒, 281 contrari ‒ centrosinistra, liberali, verdi e sinistra unitaria ‒, 28 astenuti.

Perché dunque, a parità di condizioni, nel 2004 fu bocciata la candidatura di Rocco Buttiglione e nel 2012 è stata promossa quella di Tonio Borg? E soprattutto quale Tonio Borg è stato votato? Quello che, come membro del governo della Valletta, ha sostenuto posizioni sempre in linea con la Dottrina della Chiesa in fatto di aborto, divorzio, coppie di fatto ed omosessualità o quello degli ultimi, inquietanti proclami di pedissequa fedeltà ai nuovi totem dell’Unione Europea? Le prime stonature giunsero già durante l’“interrogatorio” del 13 novembre, cui l’allora candidato Borg fu sottoposto di fronte alle commissioni Sanità e Ambiente, Mercato e Protezione dei Consumatori, Agricoltura e Sviluppo rurale. In quella sede egli giurò di aver sempre «combattuto per difendere i valori europei sanciti nei trattati» ed, in particolare, «nella Carta dei diritti fondamentali»; di volersi «astenere da ogni atto incompatibile» con le funzioni di membro della Commissione; di voler «proseguire e rafforzare l’ottimo lavoro dei predecessori nel campo della salute», nonché «sostenere le riforme sanitarie degli Stati membri».

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