Più di un milione e mezzo di sfollati a causa delle violenze. In Iraq è fuga continua. I profughi siriani |Il Sismografo

Sono cifre allarmanti, e inquietanti, quelle che vengono dall’Iraq. Come riferito dall’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim), sono un milione e seicentomila gli sfollati quest’anno nel Paese a causa delle perduranti violenze: 850.000 dei quali nel solo mese di agosto, ovvero quando si è fatta incalzante e massiccia l’offensiva dei miliziani dello Stato islamico (Is). «La maggior parte degli sfollati è costretta a camminare giorni e giorni prima di poter raggiungere posti sicuri» ha detto Brian Kelly, coordinatore dell’Oim per le situazioni di emergenza in Iraq, aggiungendo che numerosi loro familiari sono stati uccisi o sequestrati dai jihadisti. Molti sfollati, riferiscono fonti dell’Oim, hanno trovato rifugio nella regione autonoma del Kurdistan iracheno e nelle provincia di Ninive e di Diyala. Nel frattempo giungono notizie di nuovi abusi e umiliazioni da parte dei miliziani dello Stato islamico: immagini pubblicate in rete mostrerebbero infatti donne cristiane e della minoranza yazidi racchiuse in gabbie e vendute come bestie in un mercato di Mosul: un altro orrore che si aggiunge ai tanti altri perpetrati finora dai jihadisti.
E che quanto sta accadendo in Iraq possa avere serie conseguenze anche in Europa — come temuto in queste ultime settimane — trova conferma nell’allarme lanciato ieri dal primo ministro britannico, David Cameron, il quale ha dichiarato che un attacco terroristico in Gran Bretagna è «altamente probabile», tanto che il Governo ha deciso di innalzare il livello di allerta da «sostanziale» a «grave»: è il secondo più alto — prima di «critico» — e prevede che un attentato possa avvenire da un momento all’altro. La minaccia, ha detto il premier durante una conferenza stampa a Downing Street, è rappresentata dai jihadisti britannici che combattono in Iraq e in Siria, in particolare nelle fila dell’Is, e che tornati in patria «potrebbero compiere atrocità». Cameron ha dichiarato che «l’Is rappresenta la più grande minaccia mai conosciuta finora alla nostra sicurezza». E il premier ha quindi ricordato l’efferata uccisione del giornalista statunitense, James Foley, avvenuta probabilmente per mano di un terrorista dell’Is venuto dalla Gran Bretagna. Intanto in Iraq prosegue l’avanzata dei peshmerga curdi nell’area di Mosul: sono arrivati a circa sei chilometri dalla città di Zummar, caduta all’inizio di agosto nelle mani dei miliziani. Negli ultimi giorni, grazie anche alla copertura dei raid statunitensi, i curdi sono riusciti a riprendere il controllo di più di quaranta villaggi.
Appello per i profughi siriani
Solo l’apertura delle frontiere dei Paesi occidentali, e di quelli più ricchi in generale, potrà dare una speranza di salvezza alla popolazione siriana allo stremo. Lo afferma un appello diffuso dall’organizzazione umanitaria Oxfam dopo l’annuncio che i profughi siriani all’estero ufficialmente registrati dall’alto commissariato dell’Onu per i rifugiati sono ormai più di tre milioni, ai quali si aggiungono oltre sei milioni e mezzo di sfollati interni. La presenza dei profughi siriani rende ogni giorno più difficile le condizioni dei Paesi dell’area che li ospitano — 1.169.846 in Libano, 832.508 in Turchia, 612.737 in Giordania, per l’80 per cento nei due campi di Azraq e Zaatari — mentre solo 123.600 hanno trovato una sistemazione nei Paesi europei. Oxfam ricorda che il peso della crisi siriana grava sulle comunità più povere e invita l’Europa e l’occidente in genere a fare la loro parte.
Nel frattempo, si è appreso che 44 caschi blu dell’Onu rapiti giovedì sulle alture del Golan durante scontri tra l’esercito siriano e formazioni ribelli sono al sicuro e in buona salute. Lo ha riferito ieri sera un comunicato delle Nazioni Unite sulla base delle informazioni fornite dall’Undof, la forza di disimpegno dislocata nella regione, in parte occupata da Israele. L’Undof ha ricevuto «rassicurazioni da fonti attendibili» sulle condizioni dei 44 caschi blu delle Isole Fiji, sequestrati dai ribelli del Fronte Al Nusra ed «è stata informata che l’intenzione di quanti detengono i peacekeeper era di spostarli da un campo di battaglia attivo a una zona sicura per la loro protezione». Il comunicato aggiunge che la missione dell’Onu è in contatto regolare anche con gli 81 caschi blu filippini circondati in altre due basi «e può confermare che non è stato fatto loro del male».
L’Osservatore Romano, 31 agosto 2014.

Fonte: Il Sismografo.

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