Primavere arabe e pennivendoli italiani

di Riccardo Facchini
Va bene che chi non cambia mai idea è un testardo, ma i media italiani hanno ormai raggiunto un livello di pateticità unico. L’ennesima prova dell’ennesimo voltagabbana dei giornalai nostrani è il loro repentino cambio d’opinione sui frutti delle primavere arabe (ben commentati qui pochi giorni fa da Andra Virga) in occasione della nuova ondata di proteste di matrice islamica che sta coinvolgendo il Nordafrica e non solo.

La storia la sappiamo: tutto inizia dalla democratica Libia, dove – col pretesto del film “blasfemo” su Maometto – i pacifici manifestanti hanno pensato bene di assediare l’ambasciata statunitense (i soliti ingrati) e di accoppare il console americano. Visto che loro, i manifestanti, sono gggiovani e democratici e usano Twitter, forse hanno pensato bene di contagiare cinguettando anche i loro amichetti in Tunisia, Egitto, Yemen e via dicendo. Pare che i social media funzionino bene anche quando c’è da bruciare bandiere altrui.
Non voglio concentrarmi qui sulla patetica, ma pericolosa, reazione delle masse islamiche a un film ridicolo (qui il trailer), scarsissimamente diffuso e girato apposta per farle incazzare; e neppure voglio tirare in ballo la storia – ripetitiva, ma vera – di quanti rospi dobbiamo ingoiare noi cattolici ogni anno a causa di film ben più offensivi e ben più di successo. D’altra parte, lo ha sintetizzato egregiamente Camillo Langone sul Foglio del 14 settembre.

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