Quando una lobby è gay può ignorare il giudice?

di Gianfranco Amato

A Londra l’impudente e sfacciata arroganza delle lobby omosessualiste riesce a superare i limiti della decenza. Ne è un esempio lampante l’ultima vicenda della réclame gay sui mezzi di trasporto pubblici. Dai primi di ottobre, infatti, i celebri double-decker rossi girano per la città con una vistosa e provocatoria scritta sul fianco: «Some people are gay. Get over it!», ovvero «Esistono gli omosessuali. Fattene una ragione!». L’iniziativa, che di per sé rappresenterebbe già un’inutile quanto becera provocazione – ispirata dall’unico acido intento di recare offesa – è riuscita a rasentare la tracotanza, se si considera che il 22 marzo 2013 un giudice dell’Alta Corte, Mrs. Beverly Lang, nel caso Core Issues Trust v Transport for London, aveva statuito che quella pubblicità, ideata dalla nota organizzazione omosessualista Stonewall, violava il regolamento del Transport for London, l’ente che gestisce il trasporto pubblico londinese, in quanto «atta a causare una diffusa e grave offesa».

Dopo quella pronuncia dell’alto magistrato, Ben Summerskill, direttore di Stonewall, riferì durante un’intervista alla BBC Radio 5Live di «aver letto attentamente il provvedimento». La lettura, però, non ha evidentemente portato consiglio, visto che ad onta di quanto statuito da un giudice dell’Alta Corte, i cartelli sono stati tranquillamente esposti sugli autobus della capitale britannica, con la compiacente benevolenza – o meglio complicità – del Transport for London.

La cosa incredibile è che tutto ciò debba essere tollerato come normale, compreso l’odioso doppiopesismo – quello che gli inglesi chiamano double standard – che sempre fa da corollario a queste vicende. Sì perché è fin troppo facile chiedersi che cosa sarebbe successo se, ad esempio, un’associazione cristiana avesse osato far esporre sui bus londinesi una pubblicità in chiave anti gay, con gli stessi accenti provocatori di quella di Stonewall. Non parliamo, poi, di cosa sarebbe potuto accadere se tale iniziativa fosse stata intrapresa contro una sentenza che espressamente l’avesse vietata. Sarebbe certamente intervenuti i solerti funzionar della polizia londinese con una spettacolare retata di arresti, e i criminali sarebbero stati denunciati al Crown Prosecution Service.

Ciò che, però, rischia di apparire insopportabile è lo sfacciato vittimismo di organizzazioni come l’influente e ricchissima Stonewall, ovvero di quella congrega di potenti che rientra perfettamente tra quelle che Papa Francesco ha pubblicamente denunciato come «lobby gay». In realtà il potere ed il denaro consentono a questi asseriti “discriminati”, coccolati da mass media e intellettuali à la page, di sentirsi al di sopra di tutti e persino legibus solutis. Le pronunce dei giudici contano solo quando danno ragione loro, e in caso contrario semplicemente non li toccano. Le leggi valgono solo nella misura in cui riconoscono i loro “diritti”, altrimenti sono norme illiberali da cancellare. La semplice critica nei loro confronti diventa “omofobia” da colpire con la galera, mentre pretendono il diritto di aggredire impunemente chi osa contestare l’omosessualità. Tutto ciò sta davvero superando i limiti di guardia, al punto che non è più possibile tacere di fronte ad un atteggiamento che rasenta ogni giorno di più un’impudente ed intollerabile spocchia.

Fonte: Quando una lobby è gay può ignorare il giudice?.

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