Repubblica contro la catechista che parla di omosessualità | Tempi.it

giugno 4, 2013 Redazione

Un articolo del quotidiano contro una catechista “omofoba”. Ma lei replica: «I testi sacri ci dicono che l’omosessualità è una perversione, ma ci avvertono che può esserci perversione anche in un rapporto eterosessuale»

“Bufera sulla catechista”. Domenica nella pagine milanesi del quotidiano Repubblica è comparso un breve articolo in cui si narrava di una catechista di Segrate (Mi) che si sarebbe permessa di dire che «l’omosessualità è una malattia». La signora, scrive Repubblica, avrebbe pronunciato la frase durante un corso di catechismo «per cresimandi» all’oratorio San Felice. Dopo che un genitori ha riportato l’accaduto su Facebook, è partito il dibattito e, scrive il quotidiano, due ragazzi su dieci avrebbero deciso di abbandonare le lezioni.

SESSO SENZA SENSO. Il Giornale si è preso la briga di cercare la signora – a cui, nell’articolo di Repubblica non era concesso il diritto di replica – per spiegare l’accaduto. Si chiama Marilù De Pinto, ha 63 anni, e al Giornale ha spiegato che «il mio compito è insegnare ai ragazzi quello che dice la Chiesa. I testi sacri ci dicono che l’omosessualità è una perversione, ma ci avvertono che può esserci perversione anche in un rapporto eterosessuale. Ho solo spiegato quello che dice la Bibbia».
Perché ha introdotto l’argomento durante un’ora di catechesi? La signora risponde così: «Alcuni ragazzi continuavano a ripetere che la Chiesa è corrotta, omofoba e razzista. Io cercavo di far capire loro che la Chiesa non odia gli omosessuali. Tutt’altro. La Chiesa porta avanti un discorso sull’umanità e la dignità della persona. Io devo educare i ragazzi all’amore e volevo fargli capire che il sesso, svuotato di ogni significato, sminuisce la nostra umanità». La vicenda ha però travalicato le quattro mura dell’ora di catechismo e la signora se ne dice dispiaciuta, «soprattutto per i ragazzi e la Chiesa».
L’articolo di Repubblica è stato messo on line e poi rimosso, ma spiega De Pinto, «ormai il danno è fatto. Quel pezzo è stato condiviso in rete da seimila persone. Era un articolo che conteneva diversi errori. Chi l’ha scritto non si è nemmeno preoccupato di venire a sentire la mia versione dei fatti. Hanno scritto che i ragazzi erano cresimandi ma la cresima si fa in prima media. E nonostante tutto pretendono di spiegarci cosa la Chiesa può o non può dire».

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