Roger Scruton: «Ma senza Chiese l’Europa non esiste» | Cultura | www.avvenire.it

Roger Scruton, 68 anni, intellettuale conservatore, tra i più brillanti filosofi inglesi in attività, è stato uno dei protagonisti del convegno su Dio organizzato dal Progetto culturale della Cei nel 2009. Non sarà presente al prossimo forum del Progetto culturale, intitolato «Processi di mondializzazione, opportunità per i cattolici italiani», però il suo ultimo libro è un contributo a distanza alla discussione, seppur da una prospettiva non cattolica. Si chiama Our Church, la nostra Chiesa, edito da Atlantic Books, ed è una personale rivisitazione di quella confessione che Scruton, figlio di genitori atei, abbracciò in gioventù. E che oggi si trova, nella patria che ha plasmato, in una condizione di sofferta minoranza.

Professore, in Europa l’Inghilterra rappresenta dal Cinquecento a oggi il Paese di punta nei processi di globalizzazione. La Chiesa anglicana è uscita però fortemente ridimensionata da questi ultimi decenni, quasi schiacciata dai cambiamenti. Perché secondo lei? È la forma della “Chiesa di Stato” che ha esaurito la sua funzione storica?
«La Chiesa anglicana rappresenta un compromesso storico, un tentativo di conciliare una visione essenzialmente cattolica del cristianesimo, fondata sull’Eucaristia, con l’obbedienza al potere temporale. Questo potere temporale ha nutrito ed è stato nutrito dallo Stato durante i secoli della costruzione dell’impero e attorno alla Chiesa anglicana è cresciuta una cultura notevole, intrecciata con le tradizioni e i rituali dello stile di vita inglese. Una tale Chiesa è inevitabilmente vulnerabile alla secolarizzazione del potere temporale e all’affermarsi di una visione dell’ordine politico di tipo liberal-socialista. È anche vulnerabile per il declino della sovranità nazionale e la posizione incerta della monarchia in un’età egualitaria come la attuale. Ma la Chiesa anglicana resta qualcosa di più di una Chiesa di Stato: è una Chiesa cattolica legata a doppio filo a una cultura vivente (ma anche morente) e parla ancora a tutti coloro che la condividono».

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