Russia, bentornata ora di religione

di Tommaso Scandroglio

Da oggi [primo settembre] in Russia sarà obbligatorio alle elementari e alle medie l’insegnamento della materia “religione”. Gli studenti dovranno seguire «fondamenti di cultura religiosa» oppure «fondamenti di etica pubblica». In alternativa esiste la possibilità di frequentare lezioni su una religione specifica a scelta tra il cristianesimo ortodosso, l’islam, l’ebraismo e il buddismo. Tale provvedimento voluto da Putin e approvato lo scorso anno, ma divenuto esecutivo solo ora, estende a tutta la nazione una sperimentazione simile iniziata nel 2006 che ha già visto coinvolti mezzo milione di studenti, 20mila insegnanti e 30mila scuole.

In merito alla formazione dei docenti, ogni confessione religiosa provvederà in piena autonomia e non ci saranno interferenze da parte dello Stato, ha assicurato Putin. L’iniziativa è stata salutata con entusiasmo dal Patriarca ortodosso di Mosca, Cirillo, e dal mufti Albir Krganov, presidente del Comitato spirituale dei musulmani della Repubblica della Ciuvascia.

L’ora di religione torna dunque in Russia dopo il lungo esilio durato quasi un secolo a cui è stata costretta sotto il Comunismo. Torna e soppianta l’ora di “ateismo scientifico” che era rimasta vigente nei corsi di studio fino ad una ventina di anni fa.

Questa novità nei piani di studio si inserisce con buona probabilità in quell’operazione di Putin volta a ridare gloria e lustro alla Grande Madre Russia, rispolverando usi, costumi e tradizioni proprie della cultura russa. Infatti in origine la sperimentazione doveva riguardare solo l’insegnamento della religione ortodossa – e così avvenne nel 2006 – ma a seguito delle proteste di altre comunità religiose tra cui gli ebrei e islamici, l’ora di religione è stata estesa anche ad altri credo.

L’iniziativa quindi pare animata da intenzioni più politiche che da sincere preoccupazioni attinenti alla libertà di religione dei cittadini russi. Ma nonostante ciò rimane il fatto che il cristianesimo ortodosso torna ad essere insegnato nelle scuole di tutta la nazione. Una scelta quella di Putin oggettivamente in controtendenza a quello che ormai da anni invece sta accadendo nell’Europa occidentale. Basti pensare alla Francia, dove dal febbraio del 2004 nelle classi di ogni ordine e grado è vietato esibire simboli religiosi, oppure alla sentenza di primo grado della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del 2009 la quale qualificò l’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche come «una violazione del diritto dei genitori a educare i figli secondo le loro convinzioni e del diritto degli alunni alla libertà di religione», sentenza però ribaltata dalla Grande Chambre della stessa Corte nel 2011.

La Russia è in controtendenza anche sulla gestione politica-giuridica del fenomeno dell’omosessualità. Infatti a fine giugno di quest’anno è stata approvata una norma che vieta ad enti pubblici e privati «azioni pubbliche mirate a promuovere la sodomia, il lesbismo, la bisessualità e il transgender tra i minori» (si legga l’articolo pubblicato su queste colonne “Dalla Russia un no alla propaganda omosex”). Anche in questo caso la legge forse esprime più un attaccamento a valori tradizionali che sani convincimenti morali, ma al di là di questo tali provvedimenti – insieme però ad altri che ledono il bene comune – si smarcano da quel pensiero unico che invece innerva molti degli ordinamenti giuridici europei, improntati al laicismo e al relativismo di Stato.

Non vogliamo qui soffermarci a riflettere sulla validità morale del provvedimento che favorisce il culto di alcune confessioni religiose differenti dall’unica vera religione che è quella cattolica. Qui ci preme mettere l’accento sul tema della libertà religiosa anche per gli addentellati che tale tema sta avendo nel dibattito odierno in Italia in riferimento al disegno di legge Scalfarotto.

Le decisioni di Putin infatti riguardano la libertà di espressione religiosa e il contrasto della cultura omosessualista, proprio i due ambiti che sono toccati dal disegno di legge “Disposizioni in materia di contrasto dell’omofobia e della transfobia” attualmente in esame in Parlamento. La strategia politica di Putin può insegnare che la battaglia sui principi non negoziabili può essere combattuta non solo usando come armi il ricorso al diritto naturale, alla morale, ai principi costituzionali, ma anche altre armi che, seppur sul piano teoretico sono meno pregnanti, sul piano pratico possono rivelarsi a volte più efficaci. Pensiamo ad esempio alle tradizioni di un Paese, al sentito comune (siamo davvero così certi che l’italiano medio sposi la causa omosessuale più per interiore convincimento che per ansia di allinearsi al politicamente corretto?), alle radici storiche italiche che affondano senza subbio in un portato culturale cristiano, alla tutela dei più piccoli (Putin osteggia l’omosessualità puntellandosi alla tutela dovuta nei confronti di chi non ha sufficienti filtri critici per poter giudicare in modo maturo).

Forse che sta venendo a noi da un paese ex comunista una buona lezione di tattica operativa sulla difesa della libertà di religione e della normalità sessuale?

Fonte: La nuova bussola quotidiana quotidiano cattolico di opinione online – Russia, bentornata ora di religione.

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