Russia – Gruppo punk anti-Putin divide la comunità ortodossa

di Nina Achmatova

Le Pussy Riot avevano improvvisato una performance dissacrante dentro la cattedrale di Cristo Salvatore. Ora rischiano fino a 7 anni di carcere, dopo che i vertici del Patriarcato avevano invocato pene severe. Alcuni fedeli si schierano per la loro scarcerazione.

Mosca (AsiaNews) – Il caso del gruppo punk-femminista e anti-Putin, Pussy Riot – arrestate per aver inscenato a febbraio una performance dissacrante nella cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca – sta spaccando la comunità cristiana in Russia. Accusate di teppismo, vilipendio della religione, incitazione all’odio e violazione dell’ordine pubblico, due delle ragazze, Nadezhda Tolokonnikova e Maria Alyokhina, sono state arrestate dopo che alti esponenti della Chiesa russo-ortodossa avevano chiesto una pena esemplare contro la loro “preghiera punk”, performance in cui hanno invocato l’intercessione della Vergine “per liberare la Russia da Putin”. Le due attiviste sono entrate in sciopero della fame, contro quella che definiscono “un’incarcerazione illegittima”: entrambe sono madri di bambini piccoli e quindi avrebbero diritto almeno ai domiciliari. I loro avvocati hanno fatto appello, ma ora le giovani rischiano fino a sette anni di carcere.

Il caso è diventato oggetto di un acceso dibattito sui media, come all’interno della comunità ortodossa, ed è stato abbracciato anche dall’opposizione di piazza anti-Putin. Un gruppo di ortodossi ha lanciato un appello al patriarca di Mosca, Kirill, in cui pur condannando il gesto lo invitano a “un atteggiamento cristiano” e ad “abbandonare la persecuzione delle attiviste”. L’appello è stato firmato da almeno duemila persone, tra cui anche alcuni cattolici, come riporta Interfax. Anche il blogger Alexei Navalny – cristiano, ma non praticante – le ha difese denunciando la carcerazione preventiva, come una “crudeltà senza senso”.

A chiedere una pena “severa” per le Pussy Riot era stato il portavoce del Patriarcato, Vsevolod Chaplin, il quale continua a negare qualsiasi pressione da parte della Chiesa russa sulle autorità politiche e giudiziarie e a chiedere ai fedeli di “difendere” i luoghi sacri.

Sporadiche dimostrazioni a sostegno delle ragazze in carcere si sono svolte davanti alla questura di Mosca e ad alcune delle chiese ortodosse della città. Per un giorno, lo scorso 8 marzo, la stessa cattedrale di Cristo Salvatore è rimasta chiusa “per motivi tecnici”, dopo che alcuni sostenitori della band vi avevano indetto un picchetto. Il vero motivo ha spiegato Kirill Frolov, membro dell’Associazione degli esperti ortodossi, era “evitare il teppismo” di chi “vorrebbe compiere un sacrilegio” nella casa di Dio. Ma alcuni fedeli, intenzionati a pregare nella chiesa quel giorno – si legge sul sito Poral-credo.ru – si sono detti in disaccordo con la chiusura e col Patriarca, che ha usato parole dure contro le ragazze.

Il 10 marzo, durante l’ultima manifestazione dell’opposizione contro la vittoria di Vladimir Putin alle presidenziali russe, sul vale Novy Arbat di Mosca, insieme alle solite caricature dei politici e agli slogan anti-Putin, sono apparsi anche un gruppo di ortodossi che con in mano icone e croci, pregavano per la scarcerazione delle due attiviste.

“Il nostro gruppo ha fatto arrabbiare le autorità, soprattutto dopo la canzone ‘Putin ha paura’ (cantata sulla Piazza Rossa e che ha reso celebri le ragazze in internet) – spiegano le Pussy Riot nel loro blog – Non ci arrenderemo: abbiamo già scritto una nuova canzone e stiamo aspettando il momento giusto per parlare”.

Mai più cristianofobia – Fonte: Asia News.

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