Se basta così poco per fermare Luxuria

di Andrea Zambrano

Cinquanta genitori tenaci hanno potuto fermare un gruppo di studenti pasdaran adeguatamente influenzati da vaste aree del Pd e di certa intellighenzia laicista. A Modena, dopo che lanuovabq.it aveva sollevato per prima il caso della conferenza sulla transessualità con relatore d’eccezione Valdimir Luxuria, era successo davvero di tutto. Prese di posizione di Pd, Cgil, Lega Nord, Nuovo Centro Destra. E persino una manifestazione imponente delle Sentinelle in piedi che sabato hanno manifestato in 400 sotto le finestre del vescovado e del Comune nella centralissima Piazza Grande, mentre l’assessore all’Istruzione le bollava come «omofobe».

Il caso i lettori lo conoscono bene, giova soltanto aggiornali dicendo che alla fine, al termine di un’assemblea di istituto allargata, si è deciso di rinviare ad aprile l’incontro con il trans e il presidente modenese dell’Arcigay per permettere ai genitori di individuare due relatori di area pro life che possano controbilanciare l’offensiva gender rappresentata dai due ospiti iniziali. Prima però, il 26 marzo ci sarà un incontro con un endocrinologo. La decisione è arrivata sabato al termine di un infuocato consiglio d’istituto allargato nel corso del quale i genitori contrari hanno fatto la figura dei censori e dei retrogradi, attaccati anche dall’ex sottosegretario al Welfare Maria Cecilia Guerra, il cui marito siede nel consiglio d’Istituto. La Guerra ha pesantemente criticato le posizioni dei genitori che avevano scritto al preside per chiedere di cancellare l’incontro sul gender o di accettare un contraddittorio. Una posizione, quella della Senatrice Pd, che mostra bene il livello di interferenza politica che la vicenda Luxuria rappresentava al Liceo Muratori.

Certo, la Guerra è un genitore e come tale avrebbe avuto tutti i diritti di partecipare a quell’incontro, ma il suo essere senatrice Pd e soprattutto il suo avere il marito al vertice del consiglio d’istituto, l’hanno esposta non poco in questa vicenda perché sabato, giorno del consiglio d’istituto, i partiti avevano già dichiarato da che parte stare e il suo partito, il Pd assieme alla Cgil, aveva ampiamente demolito la pretesa dei genitori. Però alla fine, complice la pressione mediatica che il caso aveva sollevato a livello nazionale, l’Istituto ha pensato che non avrebbe avuto più senso proseguire su una strada che stava letteralmente spaccando in due il prestigioso liceo classico, fucina della classe dirigente modenese. I genitori hanno così incassato una vittoria insperata soltanto una settimana fa quando la mancata risposta del preside li aveva relegati in un angolo.

Avranno anche incassato le accuse più becere di essere censori e moralisti, però hanno affermato diversi principi. Che cosa ci insegna questa vicenda? Anzitutto conferma ancora una volta che il Male trionfa quando i buoni rinunciano all’azione. A Salerno e ad Avellino Luxuria aveva preso parte ad incontri simili, ma in quel caso nessuno si era stracciato le vesti. Ma è evidente che dopo Avellino e Salerno, se anche a Modena fosse filata liscia, Luxuria e tutta la carovana della gender theory avrebbero avuto un modello testato sempre a disposizione per ripetere all’infinito questo tipo di indottrinamento di massa servendosi delle scuole pubbliche da Aosta a Catania. Il no posto dai genitori è dunque un paletto importante: da un lato riafferma la titolarità dell’educazione che spetta ai genitori, mentre alla scuola compete l’istruzione, in alleanza educativa con i genitori, che è soltanto una delle branche dell’educazione. Dall’altro definisce i contorni della vicenda, in questo caso la discussione sulla gender theory, salvaguardando oltre che il principio dell’audiatur et altera pars anche quello della libertà di espressione. La legge era dalla loro parte, non bisogna per forza rifarsi alla dichiarazione dei diritti dell’uomo. Bastava leggere le linee guida del Miur emanate nel 2012 e trasmesse a tutti gli uffici scolastici regionali. In esse sono ribadite le motivazioni portate avanti dai genitori, gli unici, che in questa vicenda non avevano interessi politici o di steccati da difendere se non il loro sacrosanto diritto di educare i propri figli.

Così scriveva appena due anni fa il ministero: «Con il passaggio da una corresponsabilità educativa, sono realmente privilegiate occasioni di incontro e di lavoro in cui i genitori possano esprimersi e dare il loro contributo, a vari livelli, confrontarsi con i docenti e con il territorio sulle problematiche giovanili, proporre esperienze extracurricolari». E ancora: «Gli insegnanti e i genitori condividono sia i destinatari del loro agire, i figli/alunni, sia le finalità dell’agire stesso, ovvero l’educazione e l’istruzione in cui scuola e famiglia operano insieme per un progetto educativo comune». E’ altresì previsto che «le famiglie, in forma individuale o collettiva, potranno esercitare il loro ruolo propositivo ed esprimere le loro istanze, contribuendo significativamente e attivamente alla definizione dell’autonomia didattica e culturale della scuola». Infine «le scuole dovranno sfruttare al meglio strumenti e risorse disponibili in modo da consolidare queste nuove forme di collaborazione con le famiglie e aprire nuove forme di dialogo». Come sempre accade in Italia le leggi in realtà ci sono, soltanto che vengono applicate a seconda delle convenienze.

Una volta ribaditi questi concetti a studenti pasdaran e influenzati troppo dalla politica e ad alcuni insegnanti smaniosi non è restato altro che fermarsi. I genitori non si sono fermati di fronte all’ostacolo rappresentato dal fatto che la scuola conta 700 alunni mentre loro, individualmente, rappresentavano soltanto 50 di questi. Gli altri 650 genitori, salvo alcuni casi come abbiamo visto, però non si sono organizzati in contro-comitato. La minoranza silenziosa non aveva preso posizione, ma era semplicemente agnostica di fronte ad un fatto che invece riguardava la crescita dei loro figli in un’età spartiacque. E forse questo è l’aspetto più preoccupante della vicenda.

I genitori che hanno deciso di agire e di non subire in silenzio hanno cioè compreso che la dittatura della maggioranza va combattuta con tutti gli strumenti a disposizione creando così un felice precedente che ogni preside da domani dovrà tenere presente quando si metterà in testa di dare in pasto agli studenti una tematica fortemente divisiva e ideologizzata secondo una metodologia di assenza di confronto e a senso unico. Infine questa vicenda spiega a tutti i militanti dei mondi pro life e pro family, spesso appiattiti o spaventati dalla montagna da scalare, che è ora di smetterla con il piagnisteo, ma bisogna scendere in campo combattendo ad armi pari e senza timore di perdere la faccia.

Le 400 sentinelle in piedi che hanno manifestato in silenzio sabato, dando manforte a quei genitori che si erano esposti fin troppo, hanno compreso la posta in gioco e sfidato il pensiero dominante. Adesso resta da vedere se Luxuria accetterà il contraltare nel corso dell’incontro di aprile. Un monologo sarebbe stato troppo facile. Vedremo se, giocando con le stesse regole, il trans che ama fare la vittima quando la vittima sono gli altri, scenderà in campo o se chiederà il calcio di rigore simulando un fallo.

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