Se il coniuge cambia sesso?

Intervista a Peter Moscatelli

La Corte di Cassazione ha sollevato un dubbio di costituzionalità sulla legge 164/82, che prevede lo scioglimento automatico del matrimonio in caso di mutamento di sesso di uno dei coniugi. Può la Corte Costituzionale, sulla base del secondo comma dell’articolo 29 della Costituzione (citato dai ricorrenti senza tener conto del primo comma), dichiarare l’incostituzionalità della legge?
R: Premetto che è facile avere l’impressione che l’intento della sentenza sia stato quello di volere contribuire alla ridefinizione del matrimonio, mediante ciò che di primo acchito potrebbe sembrare l’instaurazione di un vincolo tra due coniugi apparentemente dello stesso sesso. Ciò nonostante mi sembra importante sottolineare che nella sostanza la Corte non fa che mantenere la situazione iniziale: il matrimonio rimane in quanto originariamente contratto da un uomo e da una donna. Essendo le persone le stesse, e immutato il consenso, rimangono gli effetti giuridici del matrimonio. Viceversa, se all’inizio si fossero presentate davanti all’autorità competente due donne, delle quali una travestita da uomo, e la situazione si fosse successivamente palesata, non sarebbe stato possibile imporre il divorzio: il “matrimonio” sarebbe semplicemente nullo dall’inizio. Da questo punto di vista è forse effettivamente più contraddittoria la posizione della legge 164/82 che sembra accettare che sia possibile “mutare sesso”.
Secondo la Suprema Corte il divorzio “imposto” ai coniugi contro la loro volontà configura «una compressione del tutto sproporzionata dei diritti della persona legati alla sfera relazionale intersoggettiva, mediante un’ingerenza statuale diretta». Come risponde a questa osservazione?
R: Concordo: sarebbe effettivamente grave se lo Stato si arrogasse il diritto di decidere sullo status familiale di due coniugi legittimamente sposati in opposizione alla loro espressa volontà. Anzi, sarebbe compito dello Stato agevolare la formazione della famiglia e successivamente di garantirne l’unità, come del resto indicano i relativi articoli della nostra Costituzione. Semmai può sembrare paradossale che il vincolo matrimoniale venga tutelato con tanta cura in questo contesto assai particolare, mentre al tempo stesso non vengono studiati gli effetti sociali a medio e lungo termine che derivano dal divorzio.
La Corte parla di «diritto di autodeterminazione», esistono però anche i diritti «della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio». Come questi non contrastano fra loro?
R: Riflettendo sulla natura dell’autodeterminazione, verrebbe da dire che il contrasto è soltanto apparente. Se si accetta che l’autodeterminazione non è illimitata, si capisce anche che la protezione della famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna non lede i diritti di nessuno. La legge non vieta a nessun uomo, a nessuna donna, di sposarsi: c’è in questo senso un’assoluta libertà e uguaglianza oggettiva che accomuna tutti i cittadini. Non è invece possibile pretendere che il desiderio soggettivo di due persone dello stesso sesso di unirsi tra di loro possa fondare quella “società naturale” che comporta maternità, paternità e filiazione e che la Costituzione intende tutelare. Il desiderio soggettivo non è atto a cambiare questo dato di fatto oggettivo. È perciò inesatto pretendere che ci sia una discriminazione indebita dove la legge semplicemente tratta casi diversi in modo diverso. Allo stesso modo il sesso non è “autodeterminato”, ma un dato di fatto biologico che precede la nascita dell’individuo di nove mesi. Il grande cantante lirico Farinelli non veniva certamente considerato una donna, e se ciò non dipendeva da una sua personale opinione, vediamo un altro limite all’onnipotenza dell’autodeterminazione. Trovo molto interessante che la Corte di fatto (e forse anche sé malgrado) abbia tratto questa stessa conclusione nel mantenere in atto il matrimonio: se veramente il sesso fosse stato un dato soggettivo, il matrimonio andava annullato. Si vede che non siamo ancora nel regno indiscusso del relativismo soggettivista …

Si riscontra con una certa frequenza l’abitudine a modificare le leggi italiane tramite le sentenze della Corte Costituzionale. Franco Gallo, presidente della Consulta, bypassando le sue competenze, ha addirittura invitato il Parlamento a legiferare sul matrimonio omosessuale. Come porre un argine a questa escalation?
R: Effettivamente non è compito della Corte legiferare, ma interpretare le leggi. Se si assiste ad una confusione tra i ruoli delle istituzioni è una situazione che non può venire corretta se non tramite le istituzioni politiche.

Fonte: Se il coniuge cambia sesso?.

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