Se l’Espresso confonde discriminazione e ideologia gender | Cronaca | www.avvenire.it

Dunque: dichiarandosi contraria alla diffusione nelle classi degli ormai “famosi” opuscoli dell’Unar “Educare alla diversità a scuola”, la Chiesa cattolica e Avvenire si sarebbero schierati con chi discrimina gli omosessuali, favorendo un clima di odio tale che ha trasformato le aule in un “calvario” per gli studenti gay. Lo scrive l’Espresso in un’inchiesta che, ormai da qualche giorno, compare sul sito Internet del settimanale del gruppo De Benedetti, tutta tesa a dimostrare che lo stop all’iniziativa è dovuto alle «censure del Vaticano». E certo. I soliti “preti”, con in testa il cardinale Bagnasco, sono riusciti a mettere «la sordina» a un progetto che, invece, avrebbe liberato «migliaia di ragazzi», scrive l’Espresso, dai bulli e dalla violenza omofobica. Peggio. Le «reti cattoliche» si sono pure inventate l’espressione «ideologia del gender», «cappello sotto cui finisce – scrive il settimanale – ogni tentativo di spiegare che è assolutamente normale non riconoscersi nel genere in cui si è nati, oppure amare persone dello stesso sesso, o ancora vivere ed essere una famiglia anche senza un uomo e una donna che copulino al solo scopo di riprodursi».

Volgarità a parte, verrebbe da chiedersi che genere di famiglia hanno conosciuto i colleghi dell’Espresso, esperienza che non si può certo ridurre alla camera da letto. Ognuno, ovviamente, si assume le responsabilità delle proprie opinioni. Su un punto però serve assoluta chiarezza: la nostra non è stata «censura preventiva» e gli argomenti da noi usati sono frutto di una conoscenza attenta del testo che, non per nulla, dopo lo scoppio del caso è stato “secretato” da committenti (Unar) e autori (Istituto A.T. Beck). Il presupposto di partenza dei libretti è che la famiglia – quella costituita da un uomo, una donna e i loro figli (art. 29 e seguenti della Costituzione) – sia uno «stereotipo da pubblicità» e che, di conseguenza, gli insegnanti fin dalle elementari debbano spingere per superarla e per «incoraggiare la diversità». Anche proponendo problemi di matematica con protagonisti «Rosa e i suoi papà» che vanno al mercato, ma soprattutto sottolineando che «il grado di religiosità» e la «credenza nei precetti religiosi» sono il terreno di coltura di «un’attitudine omofoba».

Per i ragazzini delle medie, invece, i messaggi sono, se possibile, ancora più espliciti. L’obiettivo di smontare i pregiudizi è perseguito anche attraverso figure di campioni dello sport o di attori dichiaratisi gay, perché – lamentano gli autori dell’Istituto A.T. Beck – ancora «siamo poco abituati, dal cinema e dalla televisione, a vedere due uomini che si baciano o che fanno l’amore». Per questo la scuola (media) dovrebbe pensare a colmare la lacuna…

L’opuscolo pensato per gli studenti delle superiori va oltre e propone la visione, in classe, di film con protagonisti due sedicenni «che si apprestano a trascorrere le vacanze insieme». È «l’estate della perdita della verginità», per i due amici, «che in passato avevano condiviso giochi di masturbazione reciproca». Facciamo davvero fatica a capire, cosa tutto questo c’entri con la condivisibile battaglia a violenze e discriminazioni. E siamo contenti che il Ministero dell’Istruzione abbia detto: stop, si ragioni e si ricominci da capo.

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