SENTENZA CASSAZIONE Il male minore

Francesco D’Agostino: decisione per il bene del bambino ma con ”alcuni eccessi che potevano e dovevano essere evitati”

“Serenità e fermezza di giudizio” di fronte a una vicenda che è, per più tratti, singolare. È la consapevolezza con cui Francesco D’Agostino, giurista e docente all’Università di Roma “Tor Vergata”, intervistato da Francesco Rossi per il Sir invita a porsi di fronte alla sentenza con cui la Cassazione ha confermato ieri quanto stabilito dalla Corte d’appello di Brescia in merito all’affidamento esclusivo di un minore alla madre che ora convive con un’altra donna, rigettando il ricorso del padre. Sulla questione, ieri, era intervenuto al Sir il presidente emerito della Corte Costituzionale, Cesare Mirabelli (clicca qui), ricordando che “non si tratta di un affidamento da attribuire”, ossia con un minore che viene dato in carico a una coppia gay a lui estranea, ma più semplicemente il bambino è stato “affidato alla madre a seguito della separazione della coppia”.

Professor D’Agostino, che opinione ha sulla vicenda?
“Premetto che, come tutte le vicende offerte al giudizio dei magistrati, riguarda un caso individuale del quale non potremo mai sapere tutto se non leggiamo integralmente le carte. Quello che è sicuro è che i magistrati avevano l’obiettivo di garantire il miglior interesse di un minore in una controversia che riguarda due genitori che si sono separati. Probabilmente in quella vicenda particolare la Cassazione ha davvero scelto il male minore per il bambino, peraltro in presenza di una situazione anomala e di un padre – come riportano i giornali – che si era contraddistinto per atteggiamenti violenti”.

Nella motivazione, però, la Corte parla di “mero pregiudizio” in rapporto ai presunti danni per il minore derivanti dal crescere in un ambiente omosessuale…
“Il caso giudiziario concreto, in effetti, è stato risolto ricorrendo ad alcuni eccessi che potevano e dovevano essere evitati, usando un’argomentazione che minimizza il problema dell’affidamento a coppie omosessuali. Non spetta ai magistrati fare affermazioni di questo tipo, invocando oltretutto la mancanza di dati scientifici in relazione a uno status che non ne ha – e forse mai ne avrà – perché non è facile indagare in merito, non c’è un contesto sociale diffuso di minori all’interno di coppie omosessuali che possa consentire ricerche empiriche in materia. L’argomentazione usata è superflua ed eccedente alle necessità della sentenza stessa. Mi pare quindi che i magistrati siano stati quantomeno imprudenti, ammesso che non l’abbiano fatto intenzionalmente, altrimenti bisogna parlare di una vera e propria scorrettezza”.

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