Serve ancora la bioetica? (Prima parte) | ZENIT – Il mondo visto da Roma

Intervista a Pablo Requena, autore di un recente saggio sulla sacralità della vita

Roma, (Zenit.org) Laura Guadalupi | 109 hits

Il concetto di sacralità della vita viene tradizionalmente associato alla dottrina cristiana, eppure spesso si dimentica che questa nozione era presente, in modo diverso, già nelle religioni primitive, mentre il divieto per il medico di praticare aborto ed eutanasia risale addirittura al Giuramento di Ippocrate.

In un’epoca caratterizzata dal dilagante relativismo etico, abbiamo parlato di sacralità della vita con Pablo Requena, medico e professore di Teologia Morale alla Pontificia Università della Santa Croce, nonché autore del libro La sacralità della vita. Serve ancora per la bioetica? (Rubettino).

Il Suo libro sulla sacralità della vita ha come sottotitolo una domanda: “Serve ancora per la bioetica?”. Ci potrebbe dare la risposta, in poche parole?

Requena: Se si comprende bene ciò che si intende per sacralità applicata alla vita e se ripercorriamo le tappe del suo uso lungo la Storia, la risposta non può che essere affermativa. Non intendo dire che questo sia l’unico modo per fondare una bioetica, tanto filosofica come religiosa. Ci sono, infatti, altri concetti basilari nell’etica, come per esempio la dignità umana, su cui si sono sviluppate diverse proposte interessanti. Ma oggi risulta sempre più chiaro che se la bioetica non si fonda su qualcosa di stabile, su un concetto di persona non riduzionista, allora difficilmente sarà in grado di compiere la sua missione. A quel punto, ci si potrebbe chiedere se “serve ancora la bioetica”, domanda che è sempre più presente nelle pubblicazioni accademiche del settore.

Che cosa significa affermare che la vita dell’uomo è sacra?

Requena: Vuol dire che la vita ha qualcosa di misterioso che sfugge alla nostra possibilità, non soltanto di comprensione, ma anche di manipolazione. Il termine “sacro” è stato inventato dall’uomo per riferirsi a realtà che andavano oltre l’ordinario, il comune, il profano. In senso etico, serviva a indicare che le persone, ma non solo, sono inviolabili. Gli studi fatti sul sacro, soprattutto nella seconda metà del XIX secolo e nella prima metà del XX, hanno evidenziato che si tratta di qualcosa presente nella cultura umana di tutti i popoli. I nomi utilizzati sono diversi, ma c’è sempre quel senso che Rudolf Otto chiama numinoso e che viene presentato come mysterium tremendum et fascinans. Leggendo attentamente alcuni autori dell’ambito sociologico, fenomenologico ed ermeneutico, si scopre che il sacro è presente nella vita dell’uomo, in particolare durante la nascita, la procreazione e la morte.

Ribadisce, quindi, che il sacro non è solo una prerogativa della religione cattolica…

Requena: Certamente. È chiaro che le diverse religioni applicano alla vita umana un proprio concetto di sacralità, ciascuna in maniera differente. Ma è importante sottolineare che questo concetto non è il “modo cattolico” per contrastare l’aborto o l’eutanasia. Alcuni autori di bioetica contemporanei criticano l’uso della nozione di sacralità come se fosse un’ingerenza della religione nella bioetica, ma basta conoscere un po’ di storia delle culture per rendersi conto che tale posizione è una semplificazione sbagliata.

La dottrina cristiana aggiunge qualcosa al concetto di sacralità?

Requena: Sì, aggiunge moltissimo. Ho scritto questo libro soprattutto per far vedere ai cristiani, sulla scia dell’enciclica Evangelium Vitae del Beato Giovanni Paolo II, il valore e la grandezza della vita umana, in quanto partecipazione alla Vita di Dio. Per un cristiano dire che la vita è sacra significa che in quella vita c’è qualcosa della Vita di Dio. Non siamo stati creati soltanto ad immagine e somiglianza di Dio (cfr. Gen 1,26). Il Verbo si è incarnato perché “abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10), cioè il farsi carne del Figlio di Dio, il farsi vita umana, ha una pregnanza teologica molto grande che dà enorme valore  a qualsiasi vita umana, sia maschio o femmina, giovane o anziana, sana o malata. Per questo motivo gli attentati contro la vita sono così gravi. Tuttavia, la sacralità della vita non consiste solo nel vietare l’uccisione dell’uomo, ma spinge anche a trattare ogni persona nel modo migliore, specialmente gli ammalati. Ciò apre al discorso sulla virtù della carità in ambito sanitario.

[La seconda parte dell’intervista al prof. Requena sarà pubblicata domani, sabato 1 giugno]

Fonte: Serve ancora la bioetica? (Prima parte) | ZENIT – Il mondo visto da Roma.

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