Shan, i ribelli pro-Cina minacciano i cristiani: Stop alle attività missionarie | Notizie Cristiane – Sito Cristiano d’Informazione quotidiana

19/09/2018 – Lo United Wa State Army (Uwsa) ordina ai suoi membri di “scoprire cosa stanno facendo e quali sono le loro intenzioni”. Vietata la costruzione di nuove chiese e solo pastori locali. L’ombra di Pechino sul processo di pace birmano.

Naypyidaw (AsiaNews) – Chiese, pastori e missionari cristiani che operano sugli altipiani Wa, nello stato orientale di Shan, sono vittime della repressione del più grande esercito ribelle del Myanmar, lo United Wa State Army (Uwsa). La milizia è il braccio armato dello United Wa State Party (Uwsp), formazione politica al governo dell’auto-proclamato Stato di Wa che vanta legami storici con Pechino.

Lo scorso 6 settembre, l’Uwsa ha pubblicato una dichiarazione in sei punti con cui ordina al suo personale amministrativo e militare di “scoprire cosa stanno facendo i [cristiani] missionari e quali sono le loro intenzioni”. Scritto in lingua cinese, il documento promette punizioni per chiunque sostenga attività missionarie; vieta la costruzione di nuove chiese cristiane e richiede che pastori e lavoratori di quelle esistenti debbano essere residenti locali e non stranieri.

La nota, riferisce AsiaTimes, proibisce anche l’insegnamento religioso nelle scuole degli altipiani Wa ed i funzionari dell’Uwsp non sono più autorizzati a far parte di alcuna “organizzazione religiosa”. Nel documento compare il termine cinese jidujiao, parola che fa riferimento a protestanti e cristiani evangelici, e non tianzhujiao, usato per indicare i cattolici. Non a caso, secondo gli analisti, il comunicato dell’Uwsa segue di sei mesi l’arresto in Cina di John Cao, noto pastore cinese della Chiesa protestante sotterranea e residente negli Stati Uniti. Arrestato per aver attraversato illegalmente il confine sino-birmano, a giugno egli è stato condannato a sette anni di carcere per reati legati all’immigrazione.

Gli esperti affermano che sia Pechino che l’Uswp vedono nell’emergere di organizzazioni e movimenti basati sulla fede una minaccia alla loro autorità. Circa un secolo fa, missionari evangelici americani convertirono alcuni tribali del luogo al cristianesimo. Si stima che i cristiani costituiscano il 30% (la metà sono evangelici) dei 450mila Wa che, originari della Cina meridionale, nel tempo si sono stabiliti dall’altro lato del confine. Già vi erano dunque diverse chiese, quando nei primi anni ’70 gli altipiani furono conquistati dal ribelle Partito comunista della Birmania (Cpb), sostenuto da Pechino.

Il Cpb ha mantenuto il controllo sulle colline fino a quando, nel 1989, è scoppiato un ammutinamento tra i ranghi di etnia Wa delle forze armate. I leader del partito, maoisti ortodossi radicati nella tradizione della Rivoluzione culturale cinese, furono costretti all’esilio in Cina, dove le autorità cinesi fornivano loro alloggi e pensioni. L’esercito del Cpb, una volta rifornito Pechino, si sciolse in quattro diversi eserciti etnici, tra cui l’Uwsa è emerso come il più forte. Al momento, tra le sue fila vanta tra i 20mila ed i 30mila combattenti.

L’Uwsa è uno degli eserciti etnici che non hanno sottoscritto l’Accordo nazionale per il cessate il fuoco (Nca), proposto da Naypyidaw nel 2015. Insieme ad altri sei gruppi, fa parte del Comitato consultivo federale politico e di negoziato (Fnpcc). Esso è stato fondato nell’aprile 2017 per condurre i colloqui di pace con il governo birmano. L’esercito ribelle Wa ha partecipato come osservatore ad un recente incontro tra la Commissione governativa per la Pace dell’Unione (Pc) ed i rappresentanti di tre gruppi armati facenti parte dell’Alleanza del Nord. Il breve vertice si è svolto il 5 settembre scorso a Kunming, nella provincia meridionale dello Yunnan, con la mediazione del ministero cinese degli Esteri.

Gli analisti evidenziano i comportamenti ambigui di Pechino nei conflitti etnici che infiammano il Myanmar; gli attivisti accusano il governo cinese di voler influenzare il difficile processo di pace intrapreso dalla leader democratica Aung San Suu Kyi. Il Myanmar ha una rilevante importanza strategica per Pechino. Il successo della Belt and Road Initiative (Bri) si basa infatti sull’accesso cinese all’Oceano Indiano attraverso il Paese.

Da: Asianews.it

 

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