“Siate realisti, specie in un mondo dove Gesù è tornato ad essere uno sconosciuto…” | ZENIT – Il mondo visto da Roma

Il messaggio di Papa Francesco al vescovo Lambiasi, in occasione della 35° edizione del Meeting di Rimini, al via da domani

Citta’ del Vaticano, (Zenit.org) Salvatore Cernuzio | 58 hits

“Verso le periferie del mondo e dell’esistenza”. Ha un sapore “bergogliano” il tema della 35.ma edizione del Meeting per l’amicizia fra i popoli, al via da domani a Rimini. Lo sottolinea subito il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato, all’inizio del messaggio inviato a nome del Papa al vescovo Lambiasi, sottolineando che “il tema scelto per quest’anno riecheggia una costante sollecitudine del Santo Padre”.

Il porporato ricorda infatti come, fin dal suo episcopato a Buenos Aires, Bergoglio si rese conto che “le periferie non sono soltanto luoghi, ma anche e soprattutto persone”. A nome del Pontefice, ringrazia quindi i responsabili del Meeting per “avere accolto e diffuso il Suo invito a camminare in questa prospettiva”.

Anche perché – rimarca il Papa nel messaggio – “una Chiesa ‘in uscita’ è l’unica possibile secondo il Vangelo”. Lo dimostra la vita di Gesù, che andava di villaggio in villaggio annunciando il Regno di Dio e mandava davanti a sé i suoi discepoli.

Francesco cita poi don Giussani quando si sofferma sulla seconda parte del tema del Meeting: “Il destino non ha lasciato solo l’uomo”. Espressione, questa del Servo di Dio, che “ci ricorda che il Signore non ci ha abbandonati a noi stessi, non si è dimenticato di noi”. Non lo ha fatto né nei tempi antichi mettendo Abramo in cammino verso la terra promessa, né nella “pienezza dei tempi” scegliendo la giovane Maria “per farsi carne e venire ad abitare in mezzo a noi”.

Già da quel supremo gesto si intuisce l’attenzione di Dio verso le periferie: “Nazareth – spiega infatti il Pontefice – era davvero un villaggio insignificante, una ‘periferia’ sul piano sia politico che religioso”. Eppure Dio ha guardato proprio là “per portare a compimento il suo disegno di misericordia e di fedeltà”.

Il cristiano, infatti, “non ha paura di decentrarsi”, perché ha il suo centro in Gesù Cristo. Grazie a Lui – afferma il Pontefice – “possiamo avanzare sicuri in qualunque luogo, anche attraverso i momenti bui della vita, sapendo che, dovunque andiamo, sempre il Signore ci precede con la sua grazia”.

Ed è questa la gioia del cristiano: “condividere con gli altri la buona notizia che Lui è con noi”. Una gioia che stride con la “tristezza individualista” che gli uomini e le donne del nostro tempo corrono il rischio di vivere, isolati “anche in mezzo a una quantità di beni di consumo, dai quali comunque tanti restano esclusi”.

“Spesso – osserva Papa Francesco – prevalgono stili di vita che inducono a porre la propria speranza in sicurezze economiche o nel potere o nel successo puramente terreno”. E i cristiani non sono esenti da tale pericolo, vittime di quella “desertificazione spirituale” che – come diceva lo stesso Pontefice nella Evangelii Gaudium – è “frutto del progetto di società che vogliono costruirsi senza Dio”.

Tutto questo però “non ci deve scoraggiare”, rassicura il Papa. Cita allora le parole di Benedetto XVI quando, inaugurando l’Anno della fede, disse: “Nel deserto si torna a scoprire il valore di ciò che è essenziale per vivere…”. Questo essenziale non è altro che il Vangelo di Gesù Cristo, verso cui i cristiani devono tenere sempre lo sguardo fisso, esorta il Santo Padre.

Perché, spiega, “i problemi più gravi sorgono quando il messaggio cristiano viene identificato con aspetti secondari che non esprimono il cuore dell’annuncio”. E “in un mondo nel quale, dopo duemila anni, Gesù è tornato ad essere uno sconosciuto in tanti Paesi anche dell’Occidente”,  non  ci si può permettere di non essere “realisti”.

A responsabili e partecipanti al Meeting, il Papa raccomanda pertanto di “non perdere mai il contatto con la realtà”, anzi, di essere “amanti della realtà”. “Anche questo è parte della testimonianza cristiana”, e, in mezzo ad una cultura che mette al primo “ciò che è superficiale e provvisorio”, la sfida è proprio “scegliere e amare la realtà”.

Per don Giussani questo fu un vero programma di vita, e fu anche l’eredità che lasciò ai suoi seguaci. “L’unica condizione per essere sempre e veramente religiosi è vivere sempre intensamente il reale”, affermava il fondatore di CL. E aggiungeva: “Non sarebbe infatti umano, cioè ragionevole, considerare l’esperienza limitatamente alla sua superficie, alla cresta della sua onda, senza scendere nel profondo del suo moto” (Il senso religioso).

Per questo, in “un mondo in così rapida trasformazione” diventa urgente per i cristiani “essere disponibili a cercare forme o modi per comunicare con un linguaggio comprensibile la perenne novità del Cristianesimo”. E anche in questo occorre essere realisti…

Fonte: “Siate realisti, specie in un mondo dove Gesù è tornato ad essere uno sconosciuto…” | ZENIT – Il mondo visto da Roma.

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