Siria, cristiani: «I ribelli ci vogliono cacciare dal paese»

L’inviato in Siria di Repubblica racconta la vita dei cristiani: «Sta prendendo corpo il più cupo dei nostri presagi, i ribelli gridano: “Alawiya ‘a tabut, Masihiyya ‘a Beirut”. Cioè “gli Alawiti alla tomba, i Cristiani a Beirut”»

«L’assalto alle porte dei quartieri cristiani, a Bab Sharqi e Bab Touma nella Città vecchia di Damasco, è iniziato col canto rituale dei muezzin, che precede l’alba. “Al primo ‘Allahu Akbar’ intonato dai minareti s’è scatenata una sarabanda di fuoco”: Samir, patriarca di un’antica famiglia di commercianti, ha il palazzetto proprio di fianco a Bab Sharqi, la Porta d’Oriente dalla quale si accede all’area dei Masihiyya, i ‘seguaci del Messia’. “La gente giù per i vicoli, gridava ‘Eccoli, sono arrivati!’, e intendevano i gruppi armati. Lo aspettavamo come il peggiore degli incubi: l’invasione dei quartieri cristiani. Dopo quelli di Homs e Aleppo, sarebbe toccato anche a noi».

Le parole di Samir sono raccolte da Alix Van Buren, inviato in Siria di Repubblica che in un articolo pubblicato oggi sulla battaglia tra il regime alawita di Assad e i ribelli, che spesso si trasforma in una caccia ai cristiani da parte dei ribelli, scrive: «”Tre quarti d’ora di inferno”, raccontano fra le case dove negli ultimi anni sono fioriti alberghi, boutique, ristoranti citati anche all’estero, gallerie d’arte, piano bar, discoteche. Le loro parole suonano tanto più incongrue: “I nostri giovani sono scesi per strada, armati di kalashnikov. Sanno a malapena sparare”. Da qualche giorno, infatti, da che è iniziata la battaglia di Aleppo, una parte della comunità cristiana si è dotata di armi e di una guardia. “Assieme ai soldati, hanno fermato l’attacco sulla porta. Se fossero entrati, Damasco sarebbe crollata”».

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