Siria: i cristiani indicano la via della pace

Ad Aleppo sembra iniziata la ‘madre di tutte le battaglie’, come da tempo il regime ha definito l’offensiva finale per strappare ai ribelli Aleppo, la capitale economica della Siria. Dal canto loro i rivoltosi rivendicano la resistenza a oltranza e qualche limitato successo: come la distruzione di alcuni carri armati e, secondo l’emittente satellitare pan-araba al-Jazirà, addirittura l’abbattimento di un caccia-bombardiere ‘Mig’. Intanto da marzo 2011, inizio del conflitto, i morti, secondo stime dell’Osservatorio siriano per i diritti umani, sarebbero oltre 21.000, gli sfollati 1.500.000, mentre sarebbero centinaia di migliaia quelli fuggiti in Turchia, Libano e Giordania. Mons. Jean-Clément Jeanbart, arcivescovo greco-melkita di Aleppo, la seconda città siriana, è molto preoccupato: “Ci sono scontri in atto in diverse zone e quartieri della città. Si odono continui colpi di arma da fuoco, tanti scoppi, alcuni molto forti, forse di mortaio. Siamo molto preoccupati perché non sappiamo cosa accadrà e a cosa andremo incontro. Si dice che si stia preparando una battaglia, che genere di conflitto sarà, quando comincerà e quanto durerà non lo possiamo sapere. Non possiamo fare altro che sperare in un compromesso che eviti uno spargimento di sangue, vittime innocenti. Altro sangue non farà che aumentare l’odio, le divisioni, e la distanza tra le parti”.

Nonostante queste allarmanti e preoccupanti notizie, i cristiani da alcuni mesi stanno coinvolgendo la popolazione nell’iniziativa ‘Mussalaha’ (Riconciliazione) per dimostrare che esiste una ‘terza via’ possibile, alternativa alla guerra e alle armi, quella della società civile. Infatti il 30 luglio scorso è stato firmato un accordo storico tra le forze dell’opposizione di Qalamoun e i rappresentanti di Mussalaha di Yabroud, Qâra, Nebek e Deir Atieh e dintorni.

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