Siria là nel covo del potere alawita

Sarebbero oltre 8mila le persone uccise in Siria da quando, circa un anno fa, è esplosa la rivolta contro il regime di Bashar al Assad. Lo ha denunciato, nei giorni scorsi, il presidente dell’Assemblea generale dell’Onu, Nassir Abdulaziz al-Nasser, per il quale “le violazioni dei diritti umani sono diffuse e sistematiche e in questo la comunità internazionale ha una sua responsabilità”. Secondo l’opposizione siriana, il numero delle vittime è invece superiore ai novemila, moltissime delle quali, donne e bambini. Mentre, fonti attendibili parlano di decine di migliaia di persone arrestate e di quasi centomila siriani fuggiti all’estero.

Sulla situazione siriana, il rapporto dell’Associazione Evangelica “Porte Aperte”, riporta il giudizio espresso dall’International Crisis Group, che si è riunito in Siria nello scorso mese di novembre: “L’attuale situazione è caratterizzata da un mix esplosivo di elevate poste in gioco legate da una parte a una competizione regionale e più ampiamente internazionale e dall’altra ad atteggiamenti carichi emotivamente, polarizzazioni interne e utopie politiche”.

Per “Porte Aperte”, emergono tre aspetti da quest’analisi: la situazione sociale e politica della Siria sono in grande fibrillazione; il paese è sull’orlo di una guerra civile ed anche se il governo attuale collassasse, qualsiasi regime nuovo non sarebbe necessariamente più democratico.

La Siria ha 22 milioni di abitanti. La maggioranza è formata da musulmani sunniti. Forte è la mescolanza di rifugiati palestinesi, drusi, beduini, curdi, armeni, circassi, turchi e poche decine di ebrei. I cristiani sono stimati in 1,9 milioni.
Sia il rapporto di “Porte Aperte” sia quello dell’Istituto di Diritto Pontificio “Aiuto alla Chiesa che soffre”, sottolineano come il regime, negli anni passati, abbia assicurato la libertà religiosa, grazie all’ideologia laicizzata del partito Baas al potere, dominato dal 1970 dalla minoranza alauita (una comunità dissidente dell’Islam sciita). Per quanto riguarda la libertà religiosa – dice “Aiuto alla Chiesa che Soffre – si è trattato di una libertà di culto e non di una libertà di coscienza. Al pari dei musulmani, i cristiani hanno conservato il diritto di costruire i propri luoghi di culto e di insegnare il catechismo ai loro bambini, senza potersi dedicare all’apostolato presso i musulmani, ai quali è stato impedito di abbandonare la loro religione per sceglierne un’altra.

Durante gli ultimi due anni sono stati commessi alcuni crimini per motivi confessionali aventi come obiettivo i cristiani, particolarmente nelle regioni orientali del Paese.
Ora, sostiene il rapporto di “Porte Aperte”, il Governo deve fare i conti con gruppi fondamentalisti islamici che si scagliano contro i cristiani e altre minoranze. Molti estremisti stranieri (soprattutto da altri paesi arabi) vivono e operano in Siria da marzo 2011, da quando cioè l’asse iraniano e quello statunitense/saudita/golfo arabico hanno cominciato a combattere nel paese per l’egemonia. Questi estremisti stranieri sono entrati nelle case e hanno minacciato molti cristiani e altre minoranze. Questo fatto testimonia quanto stiano crescendo, tra le violenze e il caos che vive ora la nazione, i sentimenti anti-cristiani.

Come una delle religioni di minoranza, nel passato la maggior parte dei cristiani ha sostenuto il regime alawita e questo fatto ha reso i cristiani vulnerabili agli attacchi dell’opposizione. Sono inoltre a rischio per motivi religiosi, dato che i gruppi fondamentalisti islamici contrastano ogni altra religione nel paese.
Durante diverse manifestazioni, i cristiani sono stati costretti a partecipare o invitati a emigrare in Libano; i sostenitori alawiti sono stati minacciati di morte. La situazione si è ulteriormente aggravata. I luoghi di culto cristiani – principalmente le Chiese – sono stati attaccati, subendo danni alle strutture. In alcune città, i cristiani hanno paura di uscire di casa e per questo non partecipano più agli incontri di chiesa. Cristiani siriani raccontano che i tassisti fondamentalisti hanno fatto voto di far del male alle clienti che non portino il velo. Queste donne, per la maggior parte musulmane meno ortodosse o cristiane, hanno cominciato a essere rapite, violentate e perfino uccise. Alcuni mesi fa, due donne cristiane, sono state sequestrate a Damasco.

Secondo il rapporto di “Porte Aperte”, “fino a quando i simpatizzanti alawiti rimarranno uniti, il potere resterà nelle mani del clan di Al Assad. Gli alawiti continueranno ad avere il controllo sull’apparato di intelligence e militare, e il partito Baath manterrà il monopolio del sistema politico. Malgrado la situazione deplorabile dei diritti umani nel paese, i cristiani aspirano alla continuazione di un regime secolare che non subisca troppe influenze dall’islam. Sebbene sia difficile predire come la situazione evolverà, ci si aspetta che un cambiamento di governo porti a una situazione di anarchia e lotta per il potere. Questo probabilmente porterà a una presa del potere da parte dell’islam, che condurrà a una situazione peggiore per i cristiani e le altre minoranze. Se questo dovesse accadere i cristiani sarebbero isolati o espulsi in massa, una situazione paragonabile a quella dell’Iraq”.

Fonte: La Bussola Quotidiana.
Chiesa – Mai più cristianofobia

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