SIRIA/ Zenari (Nunzio a Damasco): nonostante le armi chimiche, chiedo ai cristiani di rimanere

INT.  Mario Zenari

Sembra davvero che le forze armate del presidente Assad abbiano usato armi chimiche: la giornata di ieri segna una svolta e una accelerazione terribile verso possibili stragi di massa in quel conflitto siriano che ha già fatto decine di migliaia di morti. Un bombardamento effettuato nelle aree vicine alla capitale Damasco controllate dai ribelli avrebbe fatto almeno 1300 morti tra cui moltissimi bambini e donne. Le foto scioccanti diffuse dai ribelli hanno mostrato per tutta la giornata di ieri l’enorme numero di persone morte. Mentre il regime smentisce ogni accusa, si è mossa l’Unione europea per chiedere una inchiesta immediata: l’uso di armi chimiche sarebbe l’unico caso in cui le forze armate occidentali, come sempre detto, possono intervenire nel conflitto. Il quadro dunque è nerissimo. Ilsussidiario.net ha parlato nelle ore immediatamente successive a questo attacco con il nunzio apostolico Vaticano a Damasco Mario Zenari: “Siamo ancora in attesa di conferme, ma certamente stamattina abbiamo capito subito che qualcosa di inquietante e diverso dal solito era successo. Siamo abituati da oltre due anni ai colpi continui di cannone, ma le ore di stamane hanno segnato qualcosa di diverso dal solito”. Con il nunzio alla luce di questa svolta drammatica abbiamo fatto il punto sulla situazione dei cristiani in Siria.

Che sta succedendo in Siria? Come mai il regime ha deciso di usare le armi chimiche, anche se smentisce?
E’ una questione delicata, come lei potrà capire. In questo momento preferiamo ancora non esprimerci sull’eventuale uso o meno di armi chimiche, è un particolare delicato. Aspettiamo che venga esaminato dagli esperti internazionali. Certamente la preoccupazione è molta.

Da dove vi trovate voi a Damasco vi siete accorti di qualcosa in quelle ore in cui avveniva la strage?
Diciamo che purtroppo da tempo siamo abituati anche di notte a sentire i rimbombi e le esplosioni dell’artiglieria. Questa mattina molto presto e poi andando avanti nel corso della giornata, già dal primo mattino in realtà, ci si è accorti che era una giornata un po’ particolare a Damasco. Come le dicevo, sono due anni che viviamo in mezzo alle esplosioni e in qualche modo ci siamo abituati, cerchiamo di non farci troppo caso, ma questa mattina invece abbiamo capito che le esplosioni in atto erano il segnale di una giornata terribile.

Da cosa avete potuto capirlo?
Anche se la posizione in cui ci troviamo non è immediatamente vicina alle zone bombardate, abbiamo avvertito forti esplosioni anche nella città vecchia. Continuavano a cadere bombe, il numero delle esplosioni era superiore alla norma a cui siamo abituati. Poi abbiamo visto le foto che hanno visto tutti, foto scioccanti, delle vittime.

Ci sa dire qual è la situazione attuale della comunità cristiana adesso, a Damasco e in Siria?

In generale il futuro è abbastanza nero e incerto per tutti i siriani e in particolare per le minoranze come quella dei cristiani. Essendo un numero ristretto già hanno questo problema. Però, più che dal punto di vista religioso, il dramma attuale è qualcosa che prende tutti i siriani: la mancanza di lavoro, le fabbriche che non impiegano più nessuno perché sono semi distrutte o distrutte del tutto e tutti vivono in questa situazione. Non c’è futuro e in diversi si pongono il problema di emigrare.

Profughi siriani cominciano ad arrivare anche in Italia: tra chi fugge dalla Siria ci sono anche i cristiani? 
Fino a oggi l’emigrazione dei cristiani è stata limitata. Già prima dell’inizio del conflitto in percentuale i cristiani erano il 5, 6% e intendo i cristiani di tutte le denominazioni. Come tutti i siriani anche i cristiani hanno subito tutti i malanni di questo conflitto. Da tante parti sono dovuti partire perché spesso i loro villaggi si sono trovati nel fuoco incrociato. I cristiani però in genere sono sfollati interni, hanno cioè dovuto lasciare i loro villaggi di origine ma non la Siria.

Dove si recano i cristiani? 
In genere non sono emigrati nei campi profughi che ci sono in Turchia, in Giordania o in Iraq perché le distanze culturali con i musulmani possono creare difficoltà. Hanno cercato rifugio in certe zone come la Valle dei Cristiani e verso la zona di Tartus, dove ci sono tanti piccoli villaggi cristiani, oppure a Damasco presso parenti o amici. Però sono sistemazioni che può immaginare: una famiglia che vive già in spazi ristretti si vede arrivare in casa anche dieci persone e la convivenza va avanti da mesi, non è certo facile vivere così. Qualcuno è andato in Libano, paese che per i cristiani offre una certa possibilità essendo molto religioso.

Siamo tutti in apprensione per le sorti di Padre Dall’Oglio sparito ormai da diverse settimane: lei ha qualche informazione in più? 
Ci sono solo voci: un giorno c’è una voce inquietante e il giorno seguente rassicurante. Non si può correre dietro alle voci, siamo al solito punto, manca una verifica certa e fino a quando non c’è una prova è inutile correre dietro alle voci.

Si è fatto una idea però di cosa possa essere successo? 
La zona dove è scomparso è molto calda e pericolosa, una delle più pericolose della Siria oggi. Qua agiscono gruppi che sono in contrasto tra di loro per cui può immaginare quale idea ci si possa fare. Quello che fa impressione è il silenzio totale, non aver alcun segno in un senso o nell’altro. Viene da pensare al silenzio riguardo i due vescovi ortodossi scomparsi da ben quattro mesi: nessun contatto, nessun messaggio. Solo il silenzio.

Il Papa ha parlato spesso della situazione in Siria: come vi sentite, lasciati soli dal mondo occidentale? Basta a sostenervi la vicinanza della Chiesa? 
Anche il Papa precedente si era espresso per noi, aveva fatto ben dodici o quindici interventi molto belli. Papa Francesco si è espresso da subito. Ricordiamo anche che Benedetto aveva elargito prima un milione di dollari e poi successivamente un’altra quota. All’inizio dell’estate abbiamo fatto due incontri a Roma a cui ho preso parte anche io per coordinare gli aiuti. I cristiani, come tutti, data la situazione, guardano all’emigrazione: i vescovi e i patriarchi cercano di dire loro di restare in Siria, perché una volta partiti da qui queste chiese saranno abbandonate e se va bene trasformate in musei o peggio. La gerarchia di tutte le comunità cristiane cerca di incoraggiare i fedeli a rimanere e si cercano aiuti economici per aiutarli a rimanere. E’ essenziale possano rimanere.

In che senso essenziale? 
I cristiani sono una ricchezza per tutta la società. Soprattutto nei paesi a maggioranza musulmana avere anche una minoranza cristiana vuol dire apertura verso il mondo esterno. Devo dire che quando quattro anni e mezzo fa ho presentato le mie credenziali al presidente Assad, in un colloquio durato solo quindici minuti, lui ha detto proprio queste cose, ha detto di tenere particolarmente alla presenza dei cristiani in Siria perché rappresentano una ricchezza culturale e sociale. Anche il re di Giordania ha detto come sia nell’interesse di tutti che i cristiani possano rimanere. Ma sotto le bombe a volte come si fa…?

(Paolo Vites)

Fonte: SIRIA/ Zenari (Nunzio a Damasco): nonostante le armi chimiche, chiedo ai cristiani di rimanere.

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