Sono un feto discriminato, ma a “Repubblica” non interessa | Giuliano Guzzo

Buongiorno, sono un bimbo che chiamano feto e sono discriminato. A “Repubblica” non interessa, ma la discriminazione c’è, eccome se c’è; ed è questa: non ho ancora tre mesi di vita e potrei essere abortito. Altri bimbi  nasceranno, ma io potrei non farcela. Sapete, mamma è bella e giovanissima ma la notizia del mio arrivo ha spiazzato i nonni, ha messo in fuga mio padre – che non dev’essere un gigante di galanteria, da quanto ho capito -, e anche quelle che lei credeva amiche. Morale: ora è sola, e le amiche che ancora le rivolgono ancora la parola, a giudicare dai discorsi che sento, perdono sempre l’occasione di tacere.

Mamma è dunque indecisa, non sa che fare; non sa se tenermi e forse lasciare l’università o continuare l’università e lasciare certamente me. Ci sta pensando e intanto soffre. E se lei soffre, vi lascio immaginare quel che sto passando io, che rischio di perdere in un solo colpo la donna che amo e la libertà di sorriderle. Me la vedo brutta, dunque. Bruttissima. Altri bimbi che invece hanno mamma e papà o che, più semplicemente, non hanno una mamma sola come la mia nasceranno di sicuro. Ebbene, questa non vi sembra una discriminazione bella e buona ai danni miei e di una giovane donna che ha la sola “colpa” di tenermi in grembo? Vi pare civile un Paese che tramite i consultori manda a dire alla mia mamma che si può sbarazzare di me gratis – pagato lo Stato, cioè voi che leggete – mentre se decide di accogliermi si deve arrangiare?

Non crediate il mio caso isolato: dal pancione non ho potuto stringere amicizie, ma dai discorsi sentiti ho capito che altre donne belle e giovanissime come la mia mamma soffrono ed hanno sofferto la stessa solitudine, arrivando non di rado a scegliere di ingigantirla tramite l’aborto. Perché non le aiutate? Perché siete contro i diritti di queste donne oppure ve ne dichiarate a favore, salvo poi non muovere un dito? E soprattutto, che male vi hanno i bimbi come me, che chiamate feti nella speranza di esclissare l’evidente umanità di un essere umano che ha già un corpicino, testa, gambe e braccia? Proprio non lo capisco. E dire che, noi “feti”, abbiamo pure un cuore. Che, benché minuscolo, è già più grande di quello di quanti, finita questa lettera, faranno finta di nulla.

Fonte: Sono un feto discriminato, ma a “Repubblica” non interessa | Giuliano Guzzo.

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