Stefano, i nuovi martiri e il diritto alla libertà di fede | La Nuova Bussola Quotidiana

di Massimo Introvigne 27-12-2014

Il 26 dicembre 2014 all’Angelus Papa Francesco ha ricordato santo Stefano, il primo martire, meditando sul suo esempio di «coerenza cristiana», tanto attuale e importante oggi, e sul tema – su cui il Pontefice torna sempre più spesso – dei cristiani perseguitati e della libertà religiosa.

Chi era santo Stefano? «Scelto dagli Apostoli, insieme ad altri sei, per la diaconia della carità, cioè per assistere i poveri, gli orfani, le vedove nella comunità di Gerusalemme, egli diviene il primo martire della Chiesa. Con il suo martirio, Stefano onora la venuta nel mondo del Re dei re, dà testimonianza di Lui e offre in dono la sua stessa vita, come faceva nel servizio ai più bisognosi. E così ci mostra come vivere in pienezza il mistero del Natale». Stefano richiama tutti noi alla coerenza cristiana, cioè al mettere d’accordo la nostra fede con il nostro comportamento, in tutti gli ambiti della vita personale e sociale. A ben vedere, quelli che uccidono Stefano non avrebbero obiezioni se il santo si dichiarasse cristiano a parole, ma poi vivesse da pagano come tutti gli altri. Stefano però pensa e agisce da cristiano in tutte le dimensioni della sua vita: per questo lo uccidono. La stessa scelta si presenta a noi oggi. I poteri forti tollerano un blando riferimento al cristianesimo, purché si tratti di un «pensare come cristiano» – magari neppure in tutti gli ambiti del pensiero – accompagnato dal «vivere come pagano». Non tollera invece la «coerenza cristiana, cioè pensare, sentire e vivere come cristiano». Chi pensa e vive così rischia il martirio, in diverse forme, ancora oggi.

La liturgia della Chiesa colloca la memoria del primo martire, Stefano, il giorno dopo il Natale. E ci propone un Vangelo dove ascoltiamo Gesù dire ai suoi discepoli: «Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato» (Mt10,22). Sembra quasi che la Chiesa ci proponga una doccia gelata. Dopo la gioia del Natale ecco subito un riferimento all’odio e alla persecuzione. Ma in realtà, spiega il Papa, «queste parole del Signore non turbano la celebrazione del Natale, ma la spogliano di quel falso rivestimento dolciastro che non le appartiene». La Chiesa non ha collocato la memoria del primo martirio subito dopo il Natale per caso, o per una svista. Vuole proprio che la nostra celebrazione del Natale non sia «dolciastra» e mediti sul fatto che per il cristiano la gioia e la prova si danno sempre insieme, che la persecuzione è una parte integrante della vita della Chiesa, dai primi secoli e fino ai giorni nostri.

La sequenza liturgica, dal Natale a Santo Stefano, ci fa «comprendere che nelle prove accettate a causa della fede, la violenza è sconfitta dall’amore, la morte dalla vita. E per accogliere veramente Gesù nella nostra esistenza e prolungare la gioia della Notte Santa, la strada è proprio quella indicata da questo Vangelo, cioè dare testimonianza a Gesù nell’umiltà, nel servizio silenzioso, senza paura di andare controcorrente e di pagare di persona». Certo, oggi «non tutti sono chiamati, come santo Stefano, a versare il proprio sangue, ad ogni cristiano però è chiesto di essere coerente in ogni circostanza con la fede che professa». Ci sono tante forme di martirio, e l’incoerenza – dichiararsi cristiano e «vivere da pagano» – è la via d’uscita rapida che la paura del martirio ci propone. La coerenza cristiana non è facile, ma «è una grazia da chiedere oggi».

«Seguire il Vangelo – ha proseguito il Pontefice – è di certo un cammino esigente, ma bello, bellissimo, e chi lo percorre con fedeltà e coraggio riceve il dono promesso dal Signore agli uomini e alle donne di buona volontà. Come cantavano gli angeli il giorno di Natale: “Pace! Pace!”. Questa pace donata da Dio è in grado di rasserenare la coscienza di coloro che, attraverso le prove della vita, sanno accogliere la Parola di Dio e si impegnano ad osservarla con perseveranza sino alla fine».

Le forme di martirio oggi sono spesso diverse da quella cruenta di santo Stefano. Spesso: ma non sempre. Molti oggi sono ancora «perseguitati e uccisi per la testimonianza resa a Cristo». «Vorrei dire a ciascuno di loro – ha esclamato il Papa -: se portate questa croce con amore, siete entrati nel mistero del Natale, siete nel cuore di Cristo e della Chiesa». Ma occorre anche pregare e operare «perché, grazie anche al sacrificio di questi martiri di oggi – sono tanti, tantissimi! -, si rafforzi in ogni parte del mondo l’impegno per riconoscere e assicurare concretamente la libertà religiosa, che è un diritto inalienabile di ogni persona umana». Meditare sul valore spirituale del martirio è importante, ma non basta. Occorre operare «concretamente» e coinvolgere la politica internazionale, perché cessino le persecuzioni dei cristiani e il carattere di «diritto inalienabile» della libertà religiosa sia ovunque

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