STUPRI IN INDIA/ Padre Gheddo: solo il cristianesimo ha liberato la donna

giovedì 3 gennaio 2013

Tre casi di violenza sessuale ai danni di altrettante donne indiane nell’arco di pochi giorni. Sono episodi che interrogano l’intera nazione, tanto da mettere in moto imponenti manifestazioni nelle sue città più importanti, da Nuova Delhi a Calcutta, da Bangalore a Bombay. Nei giorni scorsi una ragazza di 23 anni era stata violentata su un autobus di Nuova Delhi ed era poi morta in ospedale a Singapore. Quindi a Bangalore era stata addirittura stuprata una bambina di sette anni. Infine la notte di Capodanno una ragazza di 17 anni è stata narcotizzata e poi abusata da un gruppo a Safdarjung Enclave. Ilsussidiario.net ha intervistato padre Piero Gheddo, missionario del Pime.

Questi tre casi di stupro sono episodi isolati, per quanto gravi, o sono il segno di un problema insito nella società indiana?

Si parla sempre della condizione della donna in Africa, ma anche in India la donna è sempre stata estremamente sottomessa al marito, al punto da vivere in una condizione di quasi schiavitù. Le donne indiane per tradizione sono costrette a sposarsi fin da bambine, nonostante la legge preveda una soglia d’età di 16 anni. Ora che l’India si trova a vivere una fase di sviluppo economico, sociale e culturale, e quindi sempre più spesso le studentesse arrivano fino alla laurea, le donne non sopportano più certe situazioni. E’ un momento in parte paragonabile all’Europa di inizio ‘900, caratterizzato dal movimento delle suffragette. Le proteste delle donne nelle città più sviluppate come New Delhi, Bombay e Calcutta, sono un segno di come nel mondo indiano la donna stia prendendo coscienza dei suoi diritti di persona. Non dobbiamo però illuderci che la situazione della donna in India cambi radicalmente da un momento all’altro, ci vorranno ancora decenni.

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