Toni Brandi, il nemico dei laogai cinesi | Laogai

Fa impressione vedere uno stimato imprenditore di 60 anni, che guida un gruppo presente in 15 Paesi, prorompere Toni Brandi Laogai Harry Wu Cina campi concentramento 700x426 Toni Brandi, il nemico dei laogai cinesiall’improvviso in un pianto sommesso. Toni Brandi ha subìto due interventi chirurgici in 12 giorni, a una vertebra cervicale e a un ginocchio, e fra 96 ore lo attende il terzo a una spalla. Ma non singhiozza per il dolore post operatorio, che pure si fa sentire. No, versa lacrime per 3 milioni di suoi simili, forse 5, che in questo preciso istante, nell’anno 12 del terzo millennio, nella Cina comunista soffrono più degli schiavi di Delo nell’antica Grecia, più degli ebrei nell’Egitto dei faraoni, più dei neri d’America nelle piantagioni di cotone. Brandi è il presidente della Laogai research foundation italiana, la prima affiliata europea (e anche l’unica, insieme con quella tedesca) dell’organizzazione fondata nel 1992 a Washington da Harry Wu, un attivista per i diritti umani nella Repubblica popolare cinese, nato a Shanghai nel 1937.
«Wu ha passato 19 anni della sua vita in 12 differenti laogai. Le timide aperture seguite alla morte di Mao Zedong portarono alla sua liberazione nel 1979. Si trasferì negli Stati Uniti, dove divenne professore di geologia all’Università di Berkeley. Lo invitai per la prima volta in Italia nel 2005, a Busto Arsizio. L’anno dopo, a Roma,rischiò d’essere linciato da una cinquantina di attivisti dei centri sociali».

Laogai è l’acronimo di «laodong gaizao dui», che significa «riforma attraverso il lavoro», traducibile, e non solo per assonanza, in lager. Era il 1950 quando Mao decise d’importare in Cina la formula dei gulag sperimentata nell’Urss. Esperti sovietici aiutarono il dittatore a organizzare i laogai, infernali prigioni mascherate da industrie. Le finalità da allora non sono cambiate: fiaccare con il lavaggio del cervello e la tortura gli oppositori politici e sfruttare un’immensa forza lavoro a costo zero. Brandi ha un motivo in più per piangere: le prime vittime dei laogai sono i cattolici. E lui è un credente granitico.
«Non da sempre, dal 1991: mi convertii a Londra, dopo una confessione di due ore con father Paul Morgan, un pretino di 27 anni».

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