TURCHIA IN EBOLLIZIONE È la libertà religiosa il vero nodo irrisolto

A mente fredda si può capire la reale natura del conflitto: due visioni opposte del ruolo della religione nella sfera pubblica (laicismo di Stato e teologia politica), entrambe caratterizzate da scarsa tolleranza e poco spazio per la libertà religiosa.

Stefano Costalli

L’intenzione di abbattere gli alberi del parco Gezi nel centro di Istanbul per fare spazio al nuovo piano di sviluppo urbanistico della città sembra proprio la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso della tensione che ormai era da tempo latente in Turchia. Posti di fronte alla prospettiva di veder sparire un importante spazio verde in mezzo all’immensa e caotica città sul Bosforo, centinaia di cittadini contrari alla scelta organizzano una manifestazione di piazza. Molti sono giovani, ma la folla è composita. La polizia si presenta in massa, agisce con durezza, non solo controlla e contiene, ma sceglie di reprimere la protesta, che a questo punto si allarga e cambia di forma. Aumentano i giovani, ma arrivano anche i partiti laici di destra e sinistra, gli intellettuali, le donne. La polizia alza il livello della repressione e si arriva ai veri scontri di piazza, alle macchine bruciate, alle decine di feriti e ai 1.700 arresti sparsi sul territorio nazionale, proprio perché la protesta in 24 ore ha cambiato significato.
Il nuovo obiettivo non è più salvare gli alberi, bensì chiedere le dimissioni del premier Erdogan, accusato dall’opposizione di allontanare progressivamente la Turchia dalla democrazia e soprattutto di porre sempre più a rischio la famosa laicità dello Stato, posta da Ataturk a fondamento delle istituzioni. Molti in queste ore parlano della recente legge che limita la vendita delle bevande alcoliche dalle 22 alle 6 del mattino. Quella che potrebbe sembrare una semplice norma posta a tutela della sicurezza e dell’ordine pubblico, è stata infatti percepita dalla parte più laica dell’opinione pubblica turca come l’ennesima indebita ingerenza reazionaria di stampo religioso nello stile di vita dei cittadini, e ha sollevato forti proteste.
In realtà, il problema della Turchia sembra essere un po’ più strutturale, e proviene da più lontano. Sicuramente, la polizia e il Ministero degli Interni turco hanno usato un livello di violenza difficilmente giustificabile contro le proteste degli ultimi giorni. Altrettanto sicuramente, Erdogan si muove (sempre più) in maniera decisionista, prestando poco ascolto alle ragioni dell’opposizione, anche a costo di spaccare il Paese. Tuttavia, il suo partito ha vinto le ultime elezioni del 2011 con oltre il 50% dei consensi, mentre in Francia Hollande ha deciso di spaccare il Paese su un tema così carico di conseguenze nel lungo periodo come il matrimonio gay potendo contare su un consenso elettorale molto più esiguo.
Uscendo un attimo dagli avvenimenti più recenti, si riesce a comprendere come il punto centrale per cogliere la natura delle tensioni che percorrono la Turchia sia lo scontro fra due visioni opposte del ruolo della religione nella sfera pubblica, entrambe caratterizzate da scarsa tolleranza e poco spazio per la libertà religiosa. Da una parte, la concezione di laicità che ha prevalso per decenni in Turchia era in realtà un laicismo di Stato che aveva relegato la religione alla sfera privata e ostacolato le minoranze non islamiche, che non potevano contare sulla forza dei numeri. Dall’altra parte, la concezione portata avanti dal partito di Erdogan, pur molto lontana dal fondamentalismo islamico, è però essenzialmente una forma di teologia politica, in cui la religione trova naturale realizzarsi attraverso le forme della politica, lasciando nuovamente poco spazio per le altre religioni e per la libertà delle persone. Servirebbe una vera laicità dello Stato, rispettosa della libertà religiosa e del valore della religione. Forse potrebbe essere l’occasione buona.

Fonte: SIR – Servizio Informazione Religiosa – Prima Pagina.

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