«Una sfida etica che si pone come critica della ragione positiva»  | Cultura | www.avvenire.it

Dal volume «Fini naturali. Storia & riscoperta del pensiero teleologico» di Robert Spaemann (edizioni Ares), antipiciamo il brano iniziale della prefazione del cardinale Camillo Ruini.

Nella parte centrale del Discorso pronunciato un anno fa davanti al Parlamento federale tedesco, Benedetto XVI individua in un’insufficiente riflessione sulla reale portata dei concetti positivisti di “natura” e di “ragione” uno dei motivi più rilevanti della crisi in cui versa l’ethos politico contemporaneo, riconducendo il mancato riconoscimento delle basi morali e pre-politiche del potere e dello Stato alla rimozione diffusa nella cultura contemporanea di un principio di fondo: la “normatività del reale”. L’esito inevitabile di ogni ragione “positivista”, di una ragione cioè che pensa che fra essere e dover essere vi sia un abisso insormontabile e che dall’essere non possa mai derivare il “dover essere”, e un funzionalismo sociale antropologicamente cieco, nel quale non può che realizzarsi un progressivo divario fra ciò che e “umano” e ciò che e “sociale”, e dunque quella che C.S. Lewis, a suo tempo, aveva definito “abolizione dell’uomo”.

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