Vescovi e pillole, se non si conosce meglio tacere

di Maria Luisa Di Pietro*04-03-2013

Il documento dei vescovi tedeschi sulla liceità dell’utilizzo della “pillola del giorno dopo” nel caso di donne che abbiano subito violenza sessuale, ha provocato strumentalizzazioni sulla stampa laica ma anche commenti distorti sulla stampa cattolica (Avvenire in testa), che hanno completamente ignorato la gravità delle affermazioni dei vescovi tedeschi (smentiti anche dai loro colleghi spagnoli). Come La Nuova BQ ha rilevato fin dal primo momento, non è in discussione il principio morale del ricorso alla contraccezione in casi di stupro, ma la consapevolezza di cosa sia e come funzioni la pillola del giorno dopo, che non è un mero contraccettivo. Per chiarire ulteriormente i termini della questione, interviene oggi la professoressa Maria Luisa Di Pietro, Associato di Bioetica all’Università Cattolica del Sacro Cuore ed ex presidente di Scienza & Vita.

1. L’insegnamento del Magistero della Chiesa in materia di contraccezione e aborto è sintetizzato – in modo inequivocabile – al n. 13 della Lettera Enciclica “Evangelium vitae”, laddove Giovanni Paolo II scrive: “Certo, contraccezione e aborto, dal punto di vista morale, sono mali specificamente diversi: l’una contraddice all’integra verità dell’atto sessuale come espressione propria dell’amore coniugale, l’altro distrugge la vita di un essere umano; la prima si oppone alla virtù della castità matrimoniale, il secondo si oppone alla virtù della giustizia e viola direttamente il precetto divino non uccidere”.

Due mali, dunque, di diversa natura e peso morale, ma sempre due mali. E, se il precetto non uccidere è più che chiaro a chi ri-conosce nella vita appena concepita la dignità della persona umana, è apparso – ai più – difficile capire come la contraccezione possa contraddire l’integra verità dell’atto sessuale. Su questo punto, è stato illuminante la lettura della Lettera Enciclica “Humanae vitae” di Paolo VI da parte di Giovanni Paolo II nelle Catechesi sull’amore umano.

Nel momento in cui si incontrano e si instaura tra loro quella specifica comunione resa possibile dall’atto coniugale, l’uomo e la donna si esprimono reciprocamente nel modo più pieno e profondo consentito dalla dimensione fisica della mascolinità e della femminilità. In questa sorta di dialogo, essi  possono comunicare tutta la verità inscritta nel proprio corpo, ma possono – di contro – anche mentire, facendo in modo che i significati del corpo non si possano esprimere e non vengano compresi. In tal senso, così scrive Giovanni Paolo II al n. 32 della Esortazione Apostolica “Familiaris consortio”: “Quando i coniugi, mediante il ricorso alla contraccezione, scindono questi due significati che Dio creatore ha inscritto nell’essere dell’uomo e della donna e nel dinamismo della loro comunione sessuale, si comportano come arbitri del disegno di Dio e manipolano e avviliscono la sessualità umana, e con esso la persona propria del coniuge, alterandone il valore di donazione totale. Così, al linguaggio nativo che esprime la reciproca donazione totale dei coniugi, la contraccezione impone un linguaggio oggettivamente contraddittorio, quello cioè del non donarsi all’altro in totalità: ne deriva non soltanto il positivo rifiuto all’apertura alla vita, ma anche la falsificazione dell’interiore verità della persona”.

Cliccare sul link per continuare a leggere: La nuova bussola quotidiana quotidiano cattolico di opinione online – Vescovi e pillole, se non si conosce meglio tacere.

Print Friendly, PDF & Email
Questa voce è stata pubblicata in Europa. Contrassegna il permalink.

I commenti sono chiusi.