ZENIT – I principi non negoziabili: una sfida educativa (Terza parte)

L’intervento di monsignor Enrico Dal Covolo all’inaugurazione della Scuola di Formazione Politica promossa dal Movimento PER

ROMA, Thursday, 17 January 2013 (Zenit.org).

La seconda parte è stata pubblicata mercoledì 16 gennaio.

 

2. L’insegnamento dei Padri della Chiesa

 

“Non ucciderai un bambino per mezzo dell’aborto” (Didaché, 2,2).

 

È questo il precetto, perentorio e inequivocabile, enunciato da un antichissimo testo della letteratura cristiana, coevo probabilmente, almeno in alcune sue sezioni, alla letteratura neotestamentaria. Si tratta della Didaché. Il fatto stesso che esso sia stato formulato significa che la consuetudine dell’aborto era diffusa o per lo meno praticata nel mondo pagano, non cristiano. Questo stesso appello ritorna in altre opere cristiane del II secolo. Tra di esse vorrei ricordare un passaggio della Supplica per i cristiani di Atenagora ateniese e un altro, tratto dall’Apologeticum di Tertulliano.

 

2.1. Atenagora.

 

Atenagora si interroga vivacemente: “Come possiamo essere omicidi noi, che affermiamo che quante ricorrono a pratiche abortive commettono un omicidio e dell’aborto renderanno conto a Dio? Non è possibile nello stesso tempo ritenere che è vivo l’essere che è nel ventre, e che per questo Dio ne ha cura, e ucciderlo nel momento in cui nasce alla vita; né è possibile esporre il neonato – essendo infanticidi coloro che lo espongono –, o sopprimerlo quando è allevato. Noi siamo in tutto e per tutto simili e uguali, essendo sottomessi alla ragione, e non comandando su di essa” (Atenagora, Supplica per i cristiani, 35,6).

 

2.2. Tertulliano.

 

Il testo di Tertulliano, il cui riferimento, tra l’altro, è riportato nella nota a piè di pagina della sezione del Catechismo della Chiesa Cattolica relativa alla proibizione dell’aborto, suona così: “A noi, proibito una volta per sempre l’omicidio, non è lecito sopprimere neppure il feto concepito nell’utero, mentre ancora il sangue materno sta formando un essere umano. Impedire la nascita è un omicidio anticipato, e non fa differenza se si strappi al corpo un’anima già nata o si interrompa il suo processo di formazione. È già un uomo colui che lo sarà; anche ogni frutto è già contenuto nel seme” (Tertulliano, Apologeticum 9,2.8).

 

Consentitemi ora qualche riflessione. Per i cristiani del II secolo (come pure per quelli dei secoli successivi: vi è, infatti, un ampio florilegio contro l’aborto, che comprende la voce di non pochi dei Padri dell’epoca aurea, come Basilio di Cesarea o Giovanni Crisostomo), la protezione della vita del concepito è un dovere non negoziabile. Ora, questi autori che ho citato, Atenagora e Tertulliano, sono degli apologeti. Essi, cioè, si rivolgono al mondo non cristiano ed espongono la ragionevolezza della loro visione della vita, facendo appello, proprio perché in dialogo con coloro che non condividevano la stessa fede, al logos, cui “tutti siamo sottomessi”, secondo le parole di Atenagora. In altri termini, gli apologeti chiedono a tutti gli uomini di seguire quanto di universalmente umano ci accomuna, cioè l’uso della ragione, a prescindere dall’affiliazione religiosa.

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