Al pari della sinistra radicale, l’afro-americano Obama condanna il colonialismo dei bianchi e abbraccia l’islam schiavista

di Andrea Tedesco

Il risentimento della comunità afro-americana per gli abusi subiti e la rivendicazione dei diritti negati persistono da così tanto tempo da dare l’impressione che i bianchi americani siano stati i peggiori schiavisti mai esistiti e ancora discriminino i neri negli Usa.

Come si spiega la persistenza di questi sentimenti?

Forse è giunta l’ora di “mettere nero su bianco”, soddisfacendo, almeno con un gioco di parole, il desiderio di rivalsa dei neri d’America…

Come confermato dalla rielezione del presidente Obama, e dalla nomina ai vertici del potere esecutivo di altri afro-americani prima di lui, quali Colin Powell e Condoleezza Rice, gli afro-americani non soffrono più, e da molto tempo ormai, di discriminazioni significative.

Forse, allora, con le debite eccezioni, più probabili tra i militari, che nell’adempimento del proprio dovere finiscono spesso per essere vittime reali, gli afro-americani amano “giocare a fare le vittime” quando lamentano l’esistenza di una presunta discriminazione dei bianchi nei loro confronti.

Semmai, essi potrebbero forse rivelarsi vittime inconsapevoli della deformazione della realtà operata dai colossi dell’informazione, impegnati a trasformare gli errori del presidente Obama in successi strepitosi, la sua miopia politica in lungimiranza. Analogamente, la loro percezione della realtà potrebbe essere stata alterata dalla propaganda ideologica ed esplicita demonizzazione del proprio paese attuata nelle scuole e nelle università dai numerosi docenti appartenenti alla sinistra progressista e terzomondista.

Un ulteriore ostacolo a una visione a 360 gradi delle vicende umane potrebbe essere l’enfasi dei programmi scolastici sulla storia dell’Occidente e le vicissitudini che l’hanno visto protagonista di conquiste e occupazioni, con una scarsa attenzione dedicata invece all’Oriente e alla civiltà islamica. Infine, non si può trascurare la possibilità di un impatto sull’opinione pubblica delle politiche sociali di Obama, per esempio in materia di assistenza medica.

Anticipate e tenute in debita considerazione tutte queste possibili e potenziali ragioni “attenuanti”, sul cui ruolo ritorneremo al momento di tirare le conclusioni, la rielezione di Obama è di particolare interesse perché sembra smascherare il “bluff” della minoranza afro-americana in modo più esplicito. La rinnovata fiducia concessa dai cittadini americani a Obama, infatti, anzitutto smentisce i detrattori afro-americani degli USA riconfermando la verità che chiunque in America, indipendentemente dal colore della pelle, possa raggiungere qualunque posizione nella società, anche le più ambite.

L’aspetto più interessante della riconferma di Obama alla guida del paese è però l’apparente mancanza non solo di una ricaduta negativa sul sostegno elettorale causata dai gravi errori commessi da Obama in politica estera e in particolare dalle sue politiche filo-islamiche, ma anche di un minimo di critica nei suoi confronti.

L’operato del presidente Obama, sebbene disastroso, sembra restare irreprensibile agli occhi degli afro-americani.

Nonostante i principali mass media americani sembrino fare a gara per difendere le politiche della Casa Bianca, il paradosso dell’esplicito risentimento verso i bianchi e aperta simpatia verso gli islamici è sotto il naso di tutti e puzza di vittimismo e ipocrisia.

Per “mettere nero su bianco”, diamo allora la precedenza ai neri e al loro risentimento verso i bianchi espresso dal viso imbronciato di Obama.

Il campione indiscusso dei neri americani, che si è identificato con il popolo nero ancora in lotta per uguali diritti fino al punto di paragonarsi a Martin Luther King Jr (http://www.thegatewaypundit.com/2011/08/good-grief-obama-plays-victim-compares-himself-to-dr-martin-luther-king-jr/), in questa veste non ha perso occasione per rievocare le sofferenze degli schiavi nelle piantagioni di cotone, le discriminazioni e le battaglie per i diritti dei neri, alludendo al fatto che molto resta da fare per la giustizia e l’eguaglianza sociale.

Inoltre, egli si è distinto per la sua propensione a screditare l’America dei bianchi inventandosi un inesistente passato coloniale, di cui si scusa con il Terzo Mondo e con l’islam in ogni occasione. Obama non ha esitato a umiliare il tradizionale alleato degli Usa, restituendo il busto di Winston Churchill al governo inglese per esprimere il disprezzo verso la Gran Bretagna, rea di aver colonizzato in passato il Kenya, paese natio di suo padre.

E ora contempliamo l’altra faccia di Obama, quella che sprizza ammirazione e simpatia per l’islam da tutti i pori.

Obama, afro-americano, eletto per ben due volte alla presidenza degli Usa con il sostegno elettorale quasi unanime dei neri d’America, sedicente “erede di Martin Luther King”, nel 2009 s’inchina al cospetto e bacia la mano del re saudita, un esponente di spicco dei principali schiavisti e carnefici, passati e presenti, del popolo africano.

L’islam, infatti, oltre ad aver esercitato un ruolo decisivo nella tratta degli schiavi in passato, razziando i villaggi dell’Africa Sub-Sahariana a caccia di “merce umana” e causando la morte di milioni di persone, continua a praticare la schiavitù anche ai nostri giorni, ed è responsabile del genocidio tuttora in corso in Sudan ai danni di africani cristiani, animisti e musulmani non ortodossi, tutti indigeni e con la pelle nera.

Obama e i suoi elettori sembrano però sensibili solo alle passate e, a loro dire, anche presenti discriminazioni e persecuzioni dei bianchi ai danni dei neri.

Così, mentre in Sudan e in Nigeria proseguono senza sosta i massacri indiscriminati dei suoi fratelli neri, Obama non alza un dito, né spende una parola in loro difesa per non turbare il suo idilliaco rapporto con altri fratelli: i Fratelli Musulmani.

Nel suo storico discorso al Cairo nel 2009 Obama, proprio al cospetto di questi islamisti, inaugura la sua politica di promozione e diffusione dell’islam, che, a suo dire, avrebbe offerto un contribuito straordinario non solo alla creazione degli USA, ma anche al progresso dell’umanità.

Obama definisce l’islam “religione di pace”, e mentre in Africa risuonano le urla strazianti delle donne stuprate, degli uomini bruciati, dei bambini sgozzati dai credenti più ortodossi della “religione di pace”, l’illustre discendente del popolo africano, sordo alle loro disperate grida d’aiuto, si commuove descrivendo il richiamo alla preghiera del muezzin come: “One of the prettiest sounds on Earth at sunset” (uno dei suoni più dolci sulla Terra al tramonto).

In seguito, bisogna ammettere, egli interverrà a spodestare alcuni dittatori dell’Africa settentrionale, presumibilmente per liberare i popoli soggiogati, ma in realtà consegnandoli nelle mani di islamisti non dissimili dai carnefici del Sudan e molto peggiori dei tiranni precedenti.

Il presidente Obama e i suoi elettori sembrano aver dimenticato che mentre gli Usa, del cui passato il capo della Casa Bianca non ha esitato a vergognarsi pubblicamente, crearono in Africa uno stato per gli ex-schiavi, la Liberia, dopo aver combattuto una guerra civile per la loro liberazione, gli arabi musulmani invece ridussero in schiavitù buona parte del continente africano, castrarono milioni di bambini maschi in età prepuberale da destinare agli harem, attuando un vero e proprio genocidio, a cui non hanno mai neppure tentato di porre rimedio, né fine.

Il presidente americano, in qualità di “erede di Martin Luther King”, e paladino indiscusso dei diritti dei neri, invece di vergognarsi e scusarsi del passato del suo paese, avrebbe forse dovuto vergognarsi di baciare la mano del re saudita, e… il “culo” dei Fratelli Musulmani.

E altrettanto avrebbero dovuto fare anzitutto i suoi elettori afro-americani impegnati a lamentarsi delle presunte discriminazioni dei bianchi.

Invece, sorprendentemente, il sostegno incondizionato al presidente non si è neppure incrinato.

Che conclusioni possiamo trarre da questa paradossale indifferenza dei neri d’America verso le sofferenze inaudite inflitte all’Africa dall’islam?

Se escludiamo l’ipotesi che Obama sia il degno rappresentante della maggioranza degli afro-americani, dovremmo ammettere che la propaganda ideologica “islamicamente corretta” spacciata per informazione e cultura dai mass media e dal corpo docente delle scuole e delle università eserciti un potere di mistificazione della realtà ben oltre la nostra immaginazione e timori.

In realtà, è più probabile che le ragioni di questi sentimenti contraddittori includano entrambe le ipotesi esplicative suddette.

La sinistra progressista, terzomondista filo-islamica si sarebbe cioè spinta oltre il “semplice” occultamento delle persecuzioni islamiche ai danni degli africani.

Essa avrebbe anche “vittimizzato” la comunità afro-americana contagiandola con il disprezzo per la civiltà occidentale, e alimentandone così il risentimento, invece di aiutarla a lasciarsi alle spalle il passato attraverso la consapevolezza e la sottolineatura dei progressi e del prevalere delle luci sulle ombre nella storia degli Usa.

L’erede del comunismo, infatti, soffrendo di perfezionismo, non applica alla realtà il criterio di giudizio relativo del “male minore” o del “bene maggiore”, ma quello assoluto della perfezione.

Essa, quindi, non si accontenta mai del cambiamento graduale in meglio delle cose, tende a enfatizzare i difetti e gli errori, piuttosto che i pregi e i successi, applicando così all’analisi della realtà e della storia un criterio di “memoria selettiva”.

Questa ideologia odia la propria civiltà perché imperfetta e finisce per amare quella islamica, che ritiene una vittima innocente delle ingiustizie perpetrate dalla propria.

I suoi seguaci non riescono ad apprezzare neppure le abissali differenze tra l’America dei “posti a sedere separati” e quella di Colin Powell, Condoleezza Rice e Obama assurti alle più alte cariche dello stato: ai loro occhi l’America di oggi, poiché lontana dalla perfezione, fa schifo come quella di ieri.

Non c’è da meravigliarsi, dunque, se la sinistra dimentica il conflitto per l’abolizione della schiavitù, la fondazione della Liberia e tutti gli altri passi importanti intrapresi dai bianchi nella giusta direzione.

Il presidente Obama, ideologo di estrema sinistra, all’epoca delle lotte per i diritti dei neri americani avrebbe forse potuto indossare sul serio i panni di Martin Luther King, oggi, invece, così come buona parte dei suoi elettori, non è altro che uno “schiavo”, non di bianchi razzisti, bensì di un passato che non esiste più da molto tempo ormai.

Fonte: Al pari della sinistra radicale, l’afro-americano Obama condanna il colonialismo dei bianchi e abbraccia l’islam schiavista.

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