Caro Ministro Carrozza, non ci stiamo al lavaggio del cervello!

«Insegnate ai vostri figli come pensare, non cosa pensare.»
(Richard Dawkins)

Caro ministro Carrozza,
no grazie. Rispedisco al mittente i libelli anti-omofobi “Educare alla diversità a scuola”, pubblicati dall’Ufficio antidiscriminazione razziale (Unar), che fa capo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento Pari Opportunità. Raccomandata con ricevuta di ritorno, e metta pure a verbale il mio nome, il mio no.
Sa cosa penso? Forse chi si occupa di Pari Opportunità non è mai entrato in una scuola. Nemmeno l’Unar. Certamente non hanno idea di cosa si fa nelle ore di lezione, gli psicoterapeuti dell’«Istituto A.T. Beck» di Roma, che hanno redatto i testi della trilogia pensata per la scuola primaria e secondaria di primo e di secondo grado. Evidentemente non sanno il lavoro silenzioso quotidianamente svolto dai docenti in classi in cui le differenze sono realtà e non ideologia e in cui i ragazzi non sono vasi da riempire, perché fino a quando ce lo permetteranno, ce lo permetterete, agli studenti continueremo ad insegnare come si pensa e non cosa pensare.
Lavoro al Liceo da più di venticinque anni e tra i miei cento allievi, ora, conto italiani, rumeni, albanesi, marocchini, un kosovaro, un greco, una nigeriana, un cinese… Bianchi, gialli, neri, magri, grassi, alti, bassi, con e senza brufoli; in corso o pluribocciati. Studiosissimi o lavativi. Figli naturali o adottati. Cattolici, musulmani, non credenti. Sani o con patologie anche gravi.
C’è una ragazza down, in una mia classe, e per cinque anni ho avuto uno studente con la sindrome di Asperger. Ho insegnato ad una allieva cieca, ad una in sedia a rotelle. Una ragazza ha partorito una bimba poco prima degli esami di Stato e abbiamo seguito uno studente che per molti mesi è stato ricoverato in oncologia per un tumore. Ogni anno, in qualche mia classe, c’è almeno una ragazza anoressica o bulimica o affetta da disturbi alimentari e puoi star certo che qualcuno è seguito dallo psicologo per sé o per problemi familiari. Anche per casi di bullismo, sì.
Recentemente ho avuto modo di seguire gli allievi durante lo stage presso il Centro di salute mentale di Portogruaro: incontri con gli ospiti del Centro, e un’esperienza di teatro fatta insieme: attori gli uni, attori gli altri.
Ieri con la mia quarta ed altre classi dell’Istituto sono stata a Padova alla Casa di reclusione Due Palazzi, per il progetto “Il carcere entra a scuola, la scuola entra in carcere”. Abbiamo incontrato alcuni detenuti, anche ergastolani, che ci hanno raccontato la loro vita passata, il crimine che hanno commesso, le difficoltà nel presente, le speranze, i sogni, i problemi per il futuro. Con il dolore nel cuore hanno risposto a tante domande e ci siamo resi conto che davanti avevamo uomini, non articoli del codice penale.
Solo alcuni esempi, ministro, per dire che educare alle differenze (che sono quelle sopra raccontate e molte di più, perché ciascuno è diverso dagli altri) è, per noi docenti, lavoro paziente e quotidiano. Ogni ragazzo è un unicum e chi si rapporta ogni giorno con classi di 25 – 30 studenti lo sa.
Caro ministro Carrozza, rimando al mittente i libelli dell’Unar e del Dipartimento Pari Opportunità. Li ho letti. Altro che “differenze”! C’è solo bla bla sul bullismo omofobico, anzi no. Solo addestramento al pensiero unico omo o pan-sessualista e politically correct. E mi spiace moltissimo che siano stati sprecati migliaia di euro dei contribuenti e anche miei.
La strada per comprendere la diversità e combattere il bullismo (che è molto più complesso e più vario di quello omofobico) c’è sempre stata, c’è. La letteratura italiana, la storia, la geografia, la filosofia, la storia dell’arte (la elimineranno?), il latino, il greco, le scienze, le scienze umane, il diritto, le lingue straniere, la matematica… tutte le discipline offrono ogni giorno spunti per comprendere e accogliere le differenze, per imparare che ogni vita è degna sempre: dal concepimento a quando si muore. Per valorizzare i talenti. Per far fiorire l’umanità di ciascuno. Per costruire – ognuno come può, meglio che può – un mondo dell’uomo e per l’uomo. Per comprendere che siamo molto di più del colore della nostra pelle, del luogo di provenienza, della cultura di appartenenza. Molto di più delle nostre fragilità, degli errori che compiamo. Molto di più, anche, di quel che abbiamo sotto le mutande o che da grandi facciamo sotto le lenzuola.
Caro ministro Carrozza, rispedisco al mittente i volumetti anti-omofobi. Metta pure a verbale il mio nome, il mio no. Lo dica all’Unar, al Dipartimento Pari Opportunità ed anche agli psicoterapeuti dell’Istituto Beck.
Per indottrinare i ragazzi basta una Lim, o un libello della trilogia, o un “esperto” dei vostri, ben addestrato, che nei cervelli più giovani trasferisca contenuti alla moda. Per educare a diventare grandi: uomini e donne maturi, occorre l’incontro con un adulto che testimoni il valore infinito della vita e sappia dare buone ragioni per viverla. Insieme.

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