Iraniano convertito al Cristianesimo cerca asilo in Europa: il caso arriva alla Grande Camera della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo

Corte europea dei diritti delluomoIl 2 giugno 2014, il caso di F.G. v. Svezia (n. 43611/11), riguardante l’attuazione di un ordine di espulsione nei confronti di un uomo convertito al cristianesimo, è stato presentato alla Grande Camera. La Camera deve stabilire se la conversione al cristianesimo di un iraniano residente in Iran determina una grave violazione dei diritti umani. Il presidente della Corte ha permesso al ECLJ (Centro Europeo per la Legge e la Giustizia) di poter intervenire come amicus curiae.

Il caso vede coinvolto un cittadino iraniano, che tra il 2007 e il 2009 ha lavorato in Iran come creatore ed editore di siti web insieme a persone che si opponevano al regime. Vittima di persecuzione politica, l’uomo si è recato in Svezia e ha chiesto asilo e permesso di residenza. Nel 2010 ha abbandonato l’islam per convertirsi al cristianesimo. Con le sentenze del 9 marzo e del 22 novembre 2011, le autorità svedesi non hanno concesso all’uomo asilo e il rinvio dell’ordine di espulsione, poiché secondo loro l’individuo non ha bisogno di protezione dalle autorità iraniane. Il 12 luglio 2011, F.G. ha presentato una richiesta alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (ECHR) per l’applicazione della Regola 39 del Regolamento della Corte per sospendere l’ordine di espulsione, poiché se tornerà in Iran dovrà affrontare la persecuzione per le attività politiche condotte prima del 2009 e la pena di morte per essersi convertito al cristianesimo. Il 25 novembre 2011, la ECHR ha accolto la richiesta e ha comunicato al governo svedese che non può rimandare l’uomo in Iran per tutta la durata dei procedimenti presso la Corte.

Il 16 gennaio 2014, la Quinta Sezione della ECHR ha emesso una sentenza (quattro voti contro tre), affermando che l’adempimento dell’ordine di espulsione contro l’uomo non corrisponde ad una violazione degli articoli 2 e 3 della Convenzione (diritto alla vita e divieto di tortura e trattamenti disumani e degradanti).
La Corte è arrivata a tale conclusione ritenendo che la richiesta di asilo sia stata esaminata adeguatamente dalle autorità nazionali, l’uomo goda di garanzie effettive contro le decisioni arbitrarie e la decisione delle autorità di espellerlo fosse giustificata, date le informazioni presentate alla Corte, riguardanti la situazione dell’uomo e del paese iraniano.
La Corte ha esaminato le informazioni sulle attività politiche dell’uomo in Iran e sulla conversione al cristianesimo, valutando la probabilità che l’individuo debba affrontare o meno il rischio di maltrattamento o di minacce alla vita, nel caso torni in Iran, tenendo presente la situazione nel Paese. La Corte è arrivata alla conclusione che “l’uomo non ha confermato che, nel caso torni in Iran, debba affrontare un rischio reale e concreto di trattamenti contrari agli articoli 2 e 3 della Convenzione. Di conseguenza, l’espulsione in Iran non comporta la violazione degli articoli 2 e 3”.

Se la conclusione, secondo la quale “le attività politiche in questione erano vaghe e prive di dettagli” e che non possono quindi costituire una minaccia per l’uomo nel caso torni in Iran, può essere considerata accettabile, la conclusione della Corte riguardante la conversione non lo è affatto. La Corte sostiene si tratti di una questione privata che l’uomo può nascondere alle autorità, non correndo quindi il rischio di maltrattamento: “Per quanto riguarda la conversione, la Corte ha constatato che l’uomo ha espressamente dichiarato alle autorità nazionali di non aver voluto chiamare in causa l’affiliazione religiosa come motivo di asilo, dato che la considerava una questione privata. L’uomo ha avuto l’opportunità di presentare la questione della conversione durante l’audizione davanti alla Corte per l’immigrazione, ma ha deciso di non farlo. Questa posizione è cambiata solo quando l’ordine di espulsione è diventato applicabile. Inoltre, l’uomo ha affermato di essersi convertito al cristianesimo solo dopo l’arrivo in Svezia e ha voluto mantenere privata la propria fede. In questo contesto e a eccezione di una futura pubblicazione dell’immagine dell’uomo legata alla Chiesa, la cui trasmissione alle autorità iraniane è solamente speculativa, la Corte sostiene che non sussiste alcuna prova secondo la quale le autorità iraniane sarebbero a conoscenza della conversione. Di conseguenza, la Corte sostiene che l’uomo non affronterà un rischio di maltrattamento da parte delle autorità iraniane per questi motivi”.

I quattro giudici della Quinta Sezione che sostengono non ci sia alcuna violazione della Convenzione, hanno ignorato le indicazioni dei giudici contrari (Zupancic, Power-Forde e Lemens): la conversione al cristianesimo in Iran è illegale e prevede la pena di morte, che equivale quindi ad una forte pressione e all’abuso dei diritti umani, dato che le autorità non offrono alcuna protezione e rimedio in casi del genere, al contrario, partecipano a questi abusi. Hanno inoltre ricordato che “non c’è alcun dubbio sul fatto che la conversione al cristianesimo costituisca una grave questione sui diritti umani per ogni iraniano che vive in Iran”.
I quattro giudici non hanno inoltre considerato i precedenti legali. In casi simili, come Z.N.S. v. Turchia (n. 21896/08 del 19 gennaio 2010), M.B. e altri v. Turchia (n. 36009/08, 15 giugno 2010), la Corte aveva stabilito che la mancata concessione di asilo agli individui iraniani convertiti corrispondeva alla violazione della Convezione. Il ECLJ era intervenuto come parte terza nella procedura e aveva presentato osservazioni scritte nei casi R.B.G. e altri v. Turchia, M.B. e altri v. Turchia e A.R.M. v. Bosnia-Erzegovina (n. 5176/13).

La sentenza del 16 gennaio 2014 è in contraddizione con la posizione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, la quale aveva rilasciato una sentenza su questa questione nel caso Y e Z v. Germania (C-71/11 e C-99/11) il 5 settembre 2012, indicando la Direttiva Europea 2004/83/EC del 29 aprile 2004 sullo status dei rifugiati. La Corte aveva sottolineato che le autorità nazionali non dovevano chiedere ai richiedenti di asilo di rinunciare alla pratica pubblica della religione per evitare il rischio di persecuzione.
Il ECLJ ha accolto positivamente il rinvio del caso alla Grande Camera e spera che verranno presi in considerazione i precedenti legali, in modo da allinearsi ai casi presentati in passato alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. La realtà dei rischi che devono affrontare coloro che si sono convertiti dall’Islam al Cristianesimo non deve assolutamente essere sottovalutata.

ECLJ

Fonte: Iraniano convertito al Cristianesimo cerca asilo in Europa: il caso arriva alla Grande Camera della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.

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