J’ACCUSE/ “Io, non credente, vi dico che l’adozione gay è contro la ragione e la civiltà”

Pietro Barcellona

venerdì 18 gennaio 2013

Una sentenza della Cassazione che ha affidato il figlio nato dal precedente matrimonio a una donna che aveva iniziato una convivenza stabile con un’altra donna è diventata subito l’occasione per una strumentalizzazione politica e ideologica sui rapporti tra etica pubblica e libertà individuale.

Sulle pagine dei giornali i commenti hanno rimesso in campo l’agenda dei valori non negoziabili dettata dal Vaticano attraverso la Cei. Secondo Gilberto Corbellini, tutte le forze politiche di destra e di sinistra faranno a gara per mostrare la propria “osservanza confessionale” in modo da conquistare il voto cattolico. Mario Monti, ad esempio, si è subito affrettato a dichiarare che egli è contrario alle unioni gay e ha messo in lista Gianluigi Gigli che è il consulente della Chiesa per i problemi dei cosiddetti stati vegetativi (vedi il caso Englaro).

Poiché sono convinto che questa è una vera e propria falsificazione dei problemi, e che non è assolutamente legittimo istituire una sorta di guerra dei valori tra i principi professati dalle gerarchie cattoliche e le libertà individuali – così care al mondo dei cosiddetti laici -, cercherò di mostrare come il tema debba invece essere affrontato su un terreno assolutamente diverso.

Come ha sostenuto sia pure in termini problematici Paolo Rigliano in un’intervista a Delia Vaccarello, pubblicata su l’Unità del 16 gennaio scorso, il punto decisivo della questione è che la filiazione delle coppie omosessuali mette in discussione un assetto antropologico. L’intervista continua sottolineando che le questioni antropologiche, legate all’omosessualità, incidono sulla rappresentazione del desiderio, sulla distinzione fra forma maschile e femminile, sull’identità personale, sul riconoscimento di diritti e doveri e sulla complessiva rappresentazione del rapporto far genitori e figli.

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