L’ombra del fondamentalismo islamico sul Sahel

Da Boko Haram in Nigeria agli shabaab in Somalia, da Al Qaeda per il Maghreb islamico (Aqmi) in Algeria ad Ansar Dine in Mali. Negli ultimi mesi i movimenti del radicalismo islamico, attraverso attentati, azioni militari, rapimenti, sono diventati i protagonisti di una nuova stagione della «guerra santa» nel Sahel. Ma quali obiettivi si propongono questi gruppi? Ed esistono connessioni tra essi? «È evidente – osserva Lorenzo Vidino, esperto di islamismo del Politecnico di Zurigo – che tra questi gruppi ci sia una somiglianza dal punto di vista ideologico. Tutti condividono una visione jihadista dell’islam. Ognuno di questi movimenti ha però una propria storia, basata su circostanze locali, e una propria leadership. Per citare una nota espressione direi che sono formazioni che “operano localmente, pensando globalmente”. Per esempio, gli shabaab combattono in Somalia contro etiopi, contingente dell’Unione africana ed esercito del Governo di transizione nazionale, ma collegano questa lotta a quella globale per l’affermazione dell’islam. Lotta nella quale al Qaeda rappresenterebbe, a loro dire, l’unico difensore globale dei musulmani contro l’attacco dell’Occidente e degli infedeli. Ciò poi porta a una collaborazione effettiva con al Qaeda, della quale gli shabaab sono la filiale somala».

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