Può una madre uccidere il proprio figlio che ha diritto alla vita?

Il piccolo Patrick dopo affannose ricerche è stato trovato morto, era in campeggio con la madre Gessica Mambretti, a sua volta trovata morta in una scoscesa zona della bergamasca. Ritenuta la madre in depressione ed ipotizzando che gli assistenti sociali le avrebbero portato via il figlio, lo ha ucciso.
Quel gesto omicida da parte della madre verso il figlio non ci sorprende e nemmeno le annunciate “mattanze” che sempre più intense di questi gesti riempiono le cronache dei mass media, ma ci meraviglia il silenzio delle Istituzioni verso una mancata soluzione del “bubbone “ depressione”, figlia della malattia mentale.
Quella “nebbia della depressione” che ha colpito ed è caduta in maniera notevole ed ha coinvolto l’anima di quella madre, non è, forse, la sottile malinconia o tristezza, ma, pare, che fosse dominata dalla separazione dal marito.
E’, purtroppo, una malattia come le altre che va curata con prontezza e senza vergogna, perché è molto chiara la motivazione di quel gesto.
Ci si domanda : queste forme di mancato riconoscimento di malato mentale, fatto salvo il caso in esame, dove possono essere curate se sono carenti le strutture necessarie?
Questo “andazzo” rischia di traghettare il n/s Paese e quello che è più grave i giovani, gli adolescenti, le madri, i padri, i mariti, le mogli, le compagne, i compagni verso una cultura dell’egoismo sfrenato, del gelo sempre più emergente e dell’indifferenza cogente da una metodologia che si va affermando autonoma e svincolata da ogni rapporto con la legge sociale che considera a volte, la persona proprio “un oggetto da buttare”.
E’ veramente inconcepibile e profondamente contraddittorio che in una società che tende costantemente e giustamente a riaffermare il valore della vita ( no alla guerra , no alla pena di morte, no al terrorismo ) la si neghi attraverso il tentativo di costruire un presunto diritto di “licenza di uccidere” , come pare sia prassi consolidata il lasciare persone psichicamente instabili al loro destino dalle Istituzioni che di questa “problematica” (la malattia mentale) ne hanno fatto da tempo , 35 anni , un totale disinteresse !
Di fronte ai richiami del Magistero della Chiesa, innanzi a considerazioni in breve citate, urge rimuovere e risolvere i problemi di carattere sociale in cui vivono tante famiglie per cause diverse siano fisiche che psichiche, perché la famiglia deve restare il motore universale della società civile per non dover asssitere sempre più a queste pietose vicende familiari .

E con le sagge parole del Santo Giovanni Paolo II° :” Andiamo avanti con speranza !”

Previte

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