Per un’obiezione di coscienza alle spese abortive | CR – Agenzia di informazione settimanale

(di Tommaso Scandroglio) Si chiama O.S.A e significa Obiezione alle Spese Abortive. L’idea è stata partorita dall’associazione Comunità Papa Giovanni XXIII la quale, sul suo sito (www.apg23.org), ricorda che «l’aborto legale è pagato coi soldi delle nostre tasse. Siamo costretti a finanziare coi nostri soldi la soppressione di 320 bambini tutti i giorni. La campagna di Obiezione di coscienza alle Spese Abortive (OSA) è un gesto concreto di ribellione contro questa ingiustizia: essa chiede che cessi ogni forma di finanziamento pubblico legato all’uccisione della vita nascente. Ci si propone l’obiettivo di ottenere una opzione fiscale in denuncia dei redditi affinché si possa destinare la propria quota di tasse per garantire il diritto alla vita dei cittadini più deboli e indifesi sostenendo le gestanti in difficoltà».

Quindi la proposta dell’obiezione fiscale, voluta dal suo fondatore Don Oreste Benzi sin dal 1990, ha una doppia valenza. Da una parte simbolica: non versare poche decine di euro alle casse di uno Stato abortista è un segnale di forte critica alla 194, legge che ha introdotto l’aborto procurato nel nostro Paese. Su altro versante la proposta mira ad incoraggiare realtà pro-life destinando la somma non versata all’Agenzia delle Entrate ad associazioni che operano per aiutare la vita nascente.

Ecco come nel dettaglio si può praticare l’OSA: «Chi vuole fare obiezione alle spese abortive (OSA) deve effettuare il versamento di una cifra (si suggerisce una cifra simbolica, in quanto non è l’entità della cifra che conta, ma il gesto in sé) a favore di una realtà che opera in difesa della vita nascente. L’obiettore dovrà inviare una “dichiarazione di obiezione” al Presidente della Repubblica e al presidente della propria regione pubblicizzando al massimo il suo gesto presso amici, conoscenti, stampa locale… Al momento del pagamento delle proprie imposte l’obiettore può effettuare un gesto di disobbedienza civile, trattenendo la cifra versata per la vita nascente dalle tasse dovute o chiedendone il rimborso se a credito».

C’è anche un modulo OSA scaricabile sul sito che così recita: «Dichiaro di dissociarmi dalle scelte politiche del Governo e del Parlamento italiano e della mia Regione che sostengono e incoraggiano lʼuccisione di bambini innocenti mediante il finanziamento alle strutture che eseguono aborti ed interventi di fecondazione artificiale; di impegnarmi al fine di modificare le leggi esistenti in materia in modo che lo Stato e la Regione non forniscano alcun sostegno, compreso quello economico, a queste pratiche; di richiedere pertanto che lo Stato e le Regioni, ognuno per la parte di sua competenza, cessino immediatamente il suddetto finanziamento e dirottino i relativi fondi verso iniziative concrete di sostegno economico alle madri e famiglie in difficoltà».

Sul modulo c’è anche uno spazio apposito per allegare copia dell’avvenuto versamento compiuto a favore di una realtà associativa pro-life. Sul sito dell’associazione di Don Benzi è scaricabile anche il fac-simile della lettera che si può inviare al proprio presidente di regione. In un passaggio di questa così si legge: «L’aborto non è una attività finalizzata a dare o migliorare la vita, ma a dare la morte, pertanto non è accettabile che l’Ivg rientri tra le prestazioni comprese nei L.E.A. (livelli essenziali di assistenza): le chiediamo quindi di intervenire affinché possa cessare ogni finanziamento pubblico alle pratiche abortive».

È proprio il caso di dire che chi OSA rischia (sanzioni), come ricorda la stessa associazione: «Chi sceglie di non pagare una parte delle imposte allo Stato dovrà nel tempo affrontare le conseguenze di tale decisione». Un rischio di poco conto e forse assai gradito per chi ama la vita. (Tommaso Scandroglio)

Fonte: Per un’obiezione di coscienza alle spese abortive | CR – Agenzia di informazione settimanale.

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