Torna il Califfato. Iran e Russia si schierano. Mentre Obama… ~ CampariedeMaistre

di Paolo Maria Filipazzi

Sembra una notizia giunta direttamente dagli scritti di qualche cronista medioevale, ed invece è proprio di qualche giorno fa: il 30 giugno si è insediato il nuovo Califfo, Abu Bakr Al-Baghdadi. Parlare di Califfato in pieno 2014 sembrerebbe evocativo di affascinanti e fiabeschi scenari da Mille ed una Notte. Invece no: da qualche giorno è una realtà con cui fare i conti.


Il Califfato nacque nel 632, quando alla morte di Maometto, il suo fidato discepolo Abu Bakr assunse la guida dei musulmani. A lui si oppose il cugino del Profeta, Ali ibn Abi Talib, il primo Imam. Da quella spaccatura nacque la rottura fra Sunna e Shia.
La storia del Califfato è alquanto complessa. Nel 1517 fu assorbito a tutti gli effetti nel Sultanato ottomano, fino al 1922, quando il governo laicista di Mustafà Kemal Ataturk proclamò la Repubblica, tenendo in vita il Califfato come istituzione prettamente religiosa. Ma il popolo turco continuava a considerare come propria vera guida il Califfo, che se ne stava nel suo palazzo di Costantinopoli circondato dalla propria corte. E fu così che, la notte fra il 3 ed il 4 marzo, una delegazione del governo di Ankara si presentò al palazzo e comunicò ad Abdul Megid II che il Califfato era definitivamente abolito e lui era espulso dal paese. Egli se ne andò dalla reggia, e simbolicamente il Califfato scomparve con lui nella notte.
Fino a ieri. Con questo atto, giunge all’apice simbolico l’escalation dello Stato Islamico di Siria e Levante, da ieri soltanto Stato Islamico, la costola di Al Qaeda che, andata fuori controllo e resasi autonoma, sta da giorni marciando su Bagdad, lasciandosi dietro una scia di sangue.
Per quanto riguarda il nuovo Califfo, è già attorniato da un’area di leggenda, come si addice ad uno che voglia giocare seriamente un simile ruolo: alcuni lo chiamano Abu Bakr al Baghdadi, altri Abu Dua, altri Awwad Ibrahim Ali al-Badri al-Samarrai, altri ancora Ali Ibn Mihammad al Badri al Hashimi al Husayni al Qurashi. Da Califfo, regnerà col nome di Ibrahim. Dovrebbe avere 45 anni ed essere terrorista dal 2003, poco prima della caduta di Saddam Hussein, ma subito dopo scompare in un alone di mistero. Sarebbe stato prigioniero degli americani. Fatto sta che nel 2010 ricompare, e lo ritroviamo a capo della formazione Al Qaeda per l’Iraq (AQI). Ma, come ha ammonito recentemente il Washington Post, ogni informazione su di lui potrebbe essere inattendibile…

Di certo c’è che in questi anni, nel ginepraio di formazioni terroristiche e fondamentaliste a cavallo fra Iraq e Siria, egli è cresciuto in potere e carisma, al punto di smarcarsi da qualunque controllo da parte di Al- Zawahiri, l’egiziano fino a pochissimo tempo fa considerato il vero erede di Bin Laden. Finchè gli uomini di Al Baghdadi impegnati in Siria non hanno rivolto le armi, oltre che contro le truppe di Assad, contro i qaedisti storici, mentre dall’altra parte del confine si battevano per assumere il controllo dell’Iraq
Insomma, la “vecchia” al Qaeda sembra ormai sorpassata in radicalismo da una nuova realtà, che sembra puntare alla realizzazione del programma massimo di Bin Laden: l’instaurazione di uno Stato che riunisca tutti i fedeli islamici, guidato da un Califfo. E col sottinteso che a dover diventare islamico sia tutto il mondo.

A fronteggiare l’avanzata delle truppe del Califfo, si trova il debole governo iracheno di Nuri al Maliki, sciita, come la maggiora parte degli iracheni, oppressi durante il regime del sunnita Saddam e al governo di fatto dalle prime elezioni democratiche, mentre ciò che resta delle milizie baathiste sta ormai traslocando armi e bagagli sotto le insegne dello Stato Islamico. Dalla sua parte al Maliki ha lo stato sciita per eccellenza: l’Iran, che ha già inviato reparti della guardia repubblicana. Del resto, tutta la questione sembra configurarsi sempre di più (almeno in questa prima fase) come un nuovo episodio del secolare contrasto sciiti-sunniti: sciita Assad, sciita al Maliki, sciita l’Iran, mentre il mondo sunnita si sta polarizzando sempre di più dalla parte del Califfo. La stessa ricostituzione del Califfato ha un potentissimo significato evocativo per entrambe le parti, rimandando all’origine stessa della spaccatura.

Dalla parte di al Maliki anche la Russia di Putin: un cargo “Antonov” ha sbarcato a Baghdad i primi cinque caccia russi “Sukhoi 25”, che dovrebbero essere pronti in pochi giorni per la controffensiva, in attesa di altri dieci aerei da guerra che pare siano stati ceduti al governo iracheno a prezzi stracciatissimi.
Da parte loro, gli States sembrano, secondo molti in modo incredibile, molto cauti. Il Segretario di Stato, John Kerry, nel suo recente viaggio a Baghdad, è sembrato più interessato ad ottenere la dimissioni di Al Maliki, per promuovere un governo di unità nazionale con sciiti, sunniti e curdi. Peccato che, come detto, i sunniti sembrino sempre più sentire la sirena del Califfato. Dal canto loro, nel nord del paese, i peshmerga curdi hanno ricacciato indietro le schiere del Califfo, ed adesso ritengono, in maniera pura e semplice, che l’Iraq non esista più. Il viaggio di Kerry in Kurdistan, nel tentativo disperato di evitare la disgregazione del paese, non ha portato ad alcun effetto.
Quanto ai cristiani, la spietatezza con cui i sunniti li stanno sterminando è ben nota.

Le truppe irachene, nel frattempo, stanno tenendo testa agli uomini di Al-Baghdadi. Intorno a Tikrit si combatte aspramente, e non è detto che Al Maliki non ce la faccia. E allora, la consapevolezza di chi lo avrà realmente sostenuto e chi no, avrebbe un grosso peso sulla collocazione geopolitica dell’Iraq. Obama potrebbe ritrovarsi davvero, comunque vada a finire, con l’ennesimo “morto in casa”…

Fonte: Torna il Califfato. Iran e Russia si schierano. Mentre Obama… ~ CampariedeMaistre.

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