Manifestazione per la pace a Firenze: “Un passo di pace” contro il metodo della guerra |La Perfetta Letizia

La manifestazione per la pace a Firenze è positiva ma il documento programmatico mostra alcune lacune rispetto alla guerra siriana.

di Patrizio Ricci

Il 21 settembre si è svolta a Firenze l’iniziativa per la pace  “un passo di pace”. E’  stata organizzata da un network di organizzazioni, che comprende Rete della pace, Sbilanciamoci, Controllarmi. L’occasione è stata la ricorrenza del 21 settembre, in cui l’Onu celebra la Giornata internazionale della Pace. Non si tratta di una un’iniziativa qualsiasi: hanno aderito sigle e associazioni che raggruppano circa 7 milioni di italiani. Il comitato organizzatore chiede tante cose, la stragrande maggioranza buone.

Il volantino programmatico ( scaricabile qui:  Piattaforma_PassodiPacedefinitiva) dice che è necessario «riportare al centro la società civile». Dispiace che in riferimento alla Siria, il documento “un passo di pace” mostra alcune gravi imprecisioni. Il testo sposa la narrazione secondo la quale la rivoluzione ‘buona e pacifica’ è fallita per la dura repressione governativa e per opera diforze oscure estranee alla rivoluzione stessa che hanno preso il sopravvento. E’ la tesi molto in voga della ‘ rivoluzione scippata’ dai jadisti. E’ quella utilizzata dagli USA e degli ‘amici della Siria’ per giustificare il fallimento del ‘regime change’. Secondo tale interpretazione, la ragione del fallimento sarebbe la qualità della ‘mano d’opera’ utilizzata: quella jadista. Una fatalità per Hillary Clinton, che in una recente intervista riconosce che gli jadisti sono stati usati in chiave anti-Assad ma che poi  sono ‘sfuggiti di mano’. E’ chiaro che riconoscendo il carattere proditoriamente sedizioso della rivoluzione non si può far coesistere la versione della ‘ rivoluzione scippata’ .

Qualcuno obietterà se è il caso di prendersela con un documento pacifista.. Non lo faccio a ‘cuor leggero’ ma è  necessario denunciare certe distorsioni: uno dei motivi del perdurare della guerra è proprio il travisamento della realtà sulle cause e gli attori del conflitto, le numerose menzogne e le reticenze dei governi. Non è accettabile che i governi invece di servire la pace ed il bene comune  procurino consapevolmente indicibili orrori e sofferenze alle popolazioni per soddisfare determinati fini geopolitici e finanziari. In questo contesto non certo esaltante, non mi sembra il caso che anche una iniziativa di pace dia il suo contributo a questa devastazione umana. Ogni iniziativa di pace non può prescindere dal partire da una posizione di verità. Perché la realtà senza verità è di per sé violenta. E sposare le premesse, la narrazione dei ‘rivoluzionari’ siriani (che è la stessa della retorica dei media mainstream),  è un modo di agire di per sé violento che ha una responsabilità nel perdurare della guerra.

Quindi, secondo il comitato organizzatore di “un passo di pace” quella siriana (data d’inizio, il 15 marzo 2011) è stata una ‘rivoluzione spontanea di popolo’ dei siriani che “sono scesi in piazza in maniera trasversale e non violenta” ma che è degenerata dopo 8 mesi per la repressione durissima del regime. Si tratta evidentemente di una versione ‘romanzata’ della realtà, la rivolta armata è avvenuta  praticamente subito: dopo soli 2 mesi e mezzo (e non 8 come sostiene il documento). Infatti, già il  4 giugno 2011  avviene, per la prima volta, un’azione di protesta in cui i dimostranti prendono le armi e reagiscono violentemente agli apparati di sicurezza. Accade a Jisr ash-Shugur, nella provincia di Idlib, vicino al confine con la Turchia. I dimostranti aggrediscono le forze di polizia uccidendo 8 persone e prendono il controllo della locale stazione di polizia, saccheggiandola e distribuendo le armi contenute al suo interno. Gli scontri continuano per una settimana, nella quale i gruppi armati assaltano centrali di polizia e uccidono un totale di 120 poliziotti. A luglio due principali città siriane, Damasco e Aleppo, registrano alcune manifestazioni di opposizione, ma il numero di partecipanti è molto basso e non si verificano significativi atti di repressione. Le piazze principali sono invece teatro di oceanici raduni di manifestanti filogovernativi.

Ma nel documento “un passo di pace” lo scenario presentato è un altro, gli unici responsabili della distruzione del paese sarebbero ‘le forze lealiste’: ” In tre anni e mezzo le forze lealiste hanno distrutto buona parte delle infrastrutture del Paese radendo al suolo Homs (terza città della Siria) ed oltre metà di Aleppo, infliggendo gravi danni al patrimonio archeologico e costringendo alla fuga quasi metà della popolazione” . E’ vero che i bombardamenti dell’esercito nei quartieri in mano ai ribelli hanno distrutto quasi completamente raso al suolo Homs ma chi è potuto fuggire, ed è fuggito prima dell’arrivo dei ribelli. Certo l’esercito di errori ne ha fatto ma quello siriano è un esercito di leva, addestrato per le battaglie campali e non per la guerriglia. Che le Forze armate abbiano preso di mira la popolazione è un falso, mentre che in una lotta senza quartiere si usino metodi dubbi è un’altra cosa. Però non si può tacere che c’è chi ha usato volutamente il crimine i maniera non ‘interpretabile’ e non riconducibile ad ‘effetti collaterali’:  ad esempio, ad Aleppo i ribelli hanno interrotto l’erogazione dell’acqua potabile alla popolazione, bersagliando i quartieri non in mano loro con di tiri indiscriminati di mortaio. E le infrastrutture industriali e le attività commerciali del paese non sono state distrutte dall’esercito ma dai ribelli per far collassare lo stato. Inquadrati in questo contesto, sono noti gli assalti e le stragi dei ribelli condotte senza alcuna finalità strategica, contro la popolazione, solo per seminare il terrore e con finalità settarie (vedi la strage di Latakia).  Maloula è il simbolo di questo modo di operare che hanno avuto sempre come unico movente quello di punire chi non si è schierato alla ‘causa’. C’anche una inimicizia alla fede cristiana e da qui la devastazione delle chiese e dei simboli religiosi. E la lista di eccidi è lunga. La popolazione è stata sempre alla mercé delle forze ribelli che hanno imposto nei territori conquistati la professione del credo della  loro ‘rivoluzione’, pena la morte o la fuga.

Chi oggi descrive le prime fasi della rivolta si dimentica che il governo siriano ha risposto positivamente a tutte le richieste di riforma presentate dall’opposizione come il multipartitismo e la riforma della Costituzione, ma nessuno sembra essersene accorto. Che ci piaccia o no, il regime nei suoi 40 anni di potere, a differenza di quello che succede nella stragrande maggioranza dei paesi arabi, ha assicurato la libertà alle minoranze e laicità dello stato. E per questo che l’Italia ad presidente Assad il 10 marzo 2010 ha conferito la massima onorificenza, quella di  ‘Cavaliere di gran croce decorato di gran cordone dell’Ordine al merito della Repubblica italiana’: i nemici che perseverato nella guerriglia e negli attentati terroristici non hanno continuato a combatterlo per il suo scarso liberalismo all’occidentale…

Il documento dell’iniziativa pacifista descrive le forze ribelli. Esse sarebbero composte da “un fronte più “moderato” costituito dall’esercito libero siriano ed un fronte salafita costituito principalmente da Jabhat Al Nusra e Ahrar Al Sham”.
Che si consideri al Nusra come ”una delle due componenti delle forze moderate” è sconvolgente: al Nusra è l’affiliazione di al Qaeda in Siria.  Per non parlare dell’altra organizzazione, “Ahrar Al Sham” (anch’essa fa parte dell’Esercito Libero Siriano, cioè i ribelli moderati): ha come obiettivo dichiarato di rimpiazzare il governo siriano ( laico) con uno Stato islamico. Gli estensori del documento programmatico infine  sembrano non ricordare che nelle conferenze di pace Ginevra 1 e poi Ginevra 2, sono stati proprio ‘i ribelli moderati’ e gli USA hanno voluto emarginare la società civile.
Purtroppo sono ‘sviste’ causate dalla  narrazione alla quale i pacifisti si sono ispirati. Sì chiede la condanna delle guerre: bene. Ma questi giudizi lasciano l’amaro in bocca.

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