Da Trieste, la Gender-persecution contro la Chiesa

di Giuseppe Tires     18-01-2013

Sabato scorso 12 gennaio davanti al Vescovado di Trieste si è tenuta una manifestazione organizzata da Arcigay per dare dell’omofobo e del razzista al Vescovo Mons. Giampaolo Crepaldi. La cronaca diceva che vi aveva partecipato anche un “prete” di Gorizia, ma si trattava di un sacerdote ridotto allo stato laicale che non fa più parte del clero di quella diocesi. E’ fuori dubbio, invece, che tra la folla urlante c’erano anche due assessori della Giunta comunale di Trieste.

Sul numero di Vita Nuova di oggi venerdì 18 gennaio il Vescovo torna sull’argomento rispondendo a una intervista con grande fermezza e tono vibrante. Cosa era accaduto? Facciamo un passo indietro. Nei giorni precedenti Arcigay ed Arcilesbica di Trieste avevano avviato una campagna contro l’omofobia che consisteva nell’appendere in tutti gli autobus cittadini foto di coppie dello stesso sesso in intimi atteggiamenti familiari. Titolo della campagna: “si va DIRITTI all’amore”. Comune e Provincia danno il patrocinio. Alla conferenza stampa di presentazione erano attesi grossi personaggi del Comune che però alla fine si sono defilati.

Il direttore del settimanale diocesano Vita Nuova, Stefano Fontana, scrive sulla versione on line – www.vitanuovatrieste.it – un articolo dal titolo “Problematico quel patrocinio” per dire che «il Comune e la Provincia non hanno il compito di patrocinare le campagne dei desideri individuali ma il dovere di confortare i cittadini che la società ha bisogno della famiglia vera e sostenere questa, anche sul piano educativo. Il che nulla avrebbe a che fare con la cosiddetta omofobia». Scopo enunciato della campagna era infatti la lotta all’omofobia, ma quello vero era la richiesta di equiparazione per tutti i “tipi” di famiglia.
Come ha dichiarato Roberto Lillo, ideatore della campagna: «Vorrei far notare come, nella campagna, non venga mai menzionata la parola “famiglia”, eppure tutti hanno capito cosa volevamo comunicare».

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