Famiglia, i vescovi scoprono il bluff di Renzi | la Nuova Bussola Quotidiana

di Riccardo Cascioli  27-09-2014

Alla fine i vescovi italiani hanno perso la pazienza e hanno detto chiaramente a Renzi – «un cattolico vero», secondo la celebre definizione di Avvenire -: non ci prendi più in giro. Sulla famiglia tante belle parole, ma alla fine stai facendo di tutto per distruggerla. E hanno messo in fila tutti capi d’accusa. Addirittura, ieri a conclusione del Consiglio permanente della Conferenza Episcopale Italiana (Cei), accanto al tradizionale comunicato che riassume le indicazioni emerse dal Consiglio Permanente, i vescovi hanno ritenuto importante pubblicare anche un apposito messaggio dedicato a “Il bene comune della famiglia” (clicca qui).

Si tratta di un documento certamente ispirato dall’imminenza del Sinodo straordinario sulla famiglia, che inizierà il 5 ottobre, ma si tratta anche di un duro atto d’accusa contro la classe politica italiana e soprattutto contro il governo, incapace di riconoscere che la famiglia è il «primo e principale costruttore della società e di un’economia a misura d’uomo», e che perciò «merita di essere fattivamente sostenuto».

I vescovi, ovviamente, non nominano mai né il presidente del Consiglio Renzi né il governo, ma si rivolgono semplicemente a «i responsabili della cosa pubblica». Il riferimento però è chiaro, a cominciare dalla definizione di famiglia, «comunione di vita che un uomo e una donna fondano sul vincolo pubblico del matrimonio, aperta all’accoglienza della vita»: definizione che ben pochi nella squadra di governo condividono.

Eppure è proprio questa famiglia – «spesso in mezzo a sfide e difficoltà indicibili» – ad essere «il presidio della tenuta non solo affettiva ed emotiva delle persone, ma anche di quella sociale ed economica». A queste famiglie, per la loro testimonianza e per il loro contributo alla società i vescovi dicono grazie, e proprio per questo si scagliano contro i politici «sordi nel promuovere interventi fiscali di sostegno alla famiglia sia nel realizzare una politica globale di armonizzazione tra le esigenze del lavoro e quelle della vita familiare, a partire dal rispetto per la domenica».

E a maggior ragione i vescovi se la prendono con «chi non esita a dare via preferenziale a richieste come il riconoscimento delle cosiddette unioni di fatto o, addirittura, l’accesso al matrimonio per coppie formate da persone dello stesso sesso. Del resto, che aspettarsi per la famiglia se la preoccupazione principale rimane quella di abbreviare il più possibile i tempi del divorzio, enfatizzando così una concezione privatistica del matrimonio?»

Certo, la maggioranza parlamentare a favore di unioni gay, di divorzio breve e – si potrebbe aggiungere – fecondazione artificiale, aborto e quant’altro, è molto più ampia della coalizione di governo, e nello stesso tempo nell’esecutivo c’è una piccola minoranza di contrari (ma silenziosi). Fatto sta però che sulle misure fiscali e sulle unioni civili, principale responsabile è il governo e Renzi in particolare, che si è preso pubblicamente l’impegno a varare un decreto per garantire i paramatrimoni gay mentre nel frattempo ha impedito personalmente il decreto per porre dei limiti alla fecondazione eterologa.

L’uscita dei vescovi indica un importante cambiamento nell’atteggiamento nei confronti di Renzi, che era stato finora di grande apertura, testimoniata dal sostegno esplicito delle testate giornalistiche legate alla Cei, il quotidiano Avvenire e l’agenzia Sir. Addirittura nei mesi scorsi sembrava farsi strada una sorta di patto implicito – almeno per una parte del mondo cattolico – per cui si sarebbe chiuso un occhio sulle unioni gay in cambio del sostegno alla libertà di educazione. Ma le linee guida della riforma della scuola, annunciate nelle scorse settimane dal presidente del Consiglio, hanno visto ancora una volta ignorate le scuole paritarie. Una presa in giro che deve aver contribuito a fare aprire gli occhi sulla realtà: sul tema della famiglia (in cui rientra anche la libertà di educazione) Renzi è inaffidabile. Ed è ora di dirlo chiaramente.

 

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