Il calcolo azzardato

L’opzioni siriana di Washington

La decisione è forte tanto quanto attesa: anche gli Stati Uniti si apprestano a riconoscere formalmente quale rappresentante ufficiale del popolo siriano la Coalizione nazionale dell’opposizione, formatasi settimane fa in Qatar con l’adesione di buona parte dei movimenti ostili al regime di Assad. Un passo in più di Washington verso un ruolo maggiormente attivo nel conflitto dato che riconoscere la Coalizione nazionale permette agli americani non solo di sostenere politicamente in modo più esplicito queste forze, ma anche di rafforzare (seppure con discrezione) il limitato sostegno militare finora offerto loro.

Una mossa prevista, che tuttavia non ha mancato di generare discussioni in seno all’Amministrazione Obama, vista la presenza – fra le file degli oppositori – di movimenti davvero imbarazzanti. Il capo della Casa Bianca, nell’annunciare la sua decisione, ha detto di considerare la Coalizione nazionale «sufficientemente inclusiva». Che sia molto inclusiva, non v’è dubbio alcuno; anzi, un po’ di selezione in più alla porta d’ingresso non avrebbe guastato. Se il presidente di questo consiglio delle opposizioni, il sunnita Ahmed Moaz al-Khatib è un moderato rispettato e con una visione politica anti-settaria, altre presenze sono inquietanti. Prima fra tutte quella del movimento jihadista al-Nusra, collegato ad al-Qaeda e formato da miliziani che hanno operato in Iraq negli anni neri del terrore jihadista. Ma poco rassicurante è anche la presenza massiccia di esponenti di movimenti salafiti, sostenuti e finanziati dai Paesi del Golfo, portatori di una visione intollerante dell’islam e del Medio Oriente (e su chi abbia diritto di abitarlo). Lo slogan Alawi tabut, Masih Beirut (gli alawiti all’inferno e i cristiani cacciati a Beirut) è triste e barbaro, foriero di nuove tragedie. Se i jihadisti non fanno mistero delle proprie intenzioni violente, i salafiti mantengono un’ambiguità minacciosa.

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