Il curioso caso dei liberali omosessualisti ~ CampariedeMaistre

di Alessandro Rico
Quand’è moda è moda, cantava Gaber. Ora è moda l’omosessualismo, e per non accodarsi a Vendola il centrodestra ha pensato di giocare d’anticipo. Prima Bondi ha confessato di non capire l’ostilità dei cattolici al riconoscimento delle unioni gay. Poi Giancarlo Galan ha presentato una proposta di legge, per equiparare coppie di fatto a coppie sposate. Eppure Galan è uno di quelli cui piace definirsi liberali, tipo il krugmaniano Berlusconi o il «liberal-montanelliano» Travaglio. Ma cosa c’è di liberale nella solita geremiade sull’ingerenza del Vaticano? Forse che Locke, quando parlò della Chiesa come una società privata di uomini liberi, con ciò intendeva ridurla al silenzio? Cosa c’è di liberale nel pensare che lo Stato debba prendersi la briga di far diventare uguale quel che uguale non è, due conviventi e due persone sposate?

Ilaria Pisa, su questo stesso blog, ha già ampiamente dimostrato che la maggior partedei diritti rivendicati dalle coppie di fatto esistono già. Non ci ripetiamo. Sorprende, però, la dichiarazione di Galan: «Lo Stato crea diritti e regolamenta doveri». Sarà che, come lamentava Bruno Leoni, nei Paesi di civil law si finisce col convincersi che ogni forma di vita vada «normalizzata» per via legislativa; sarà semplicemente che Galan ha dato fiato alla bocca senza riflettere. Però sembra che la sua affermazione abbia poco di liberale e molto di hobbesiano, quasi che le obbligazioni nei confronti della comunità preesistano al potere politico, mentre i diritti individuali siano una generosa elargizione del Leviatano. Transeat, non facciamo i pignoli sulle definizioni. Ora, la Costituzione, se piace, deve piacere pure quando parla di famiglia come «società naturale fondata sul matrimonio». La chiave di volta della questione sta proprio in quell’aggettivo «naturale»: la legge positiva s‘innesta su un sistema di regole e istituzioni sociali che si è sviluppato spontaneamente e stratificato nei secoli. La legge non crea un bel niente, la legge scopre l’ordinamento giuridico «vivente».
 
Un liberale, per definizione, si fida più dell’esperienza accumulata che dei burocrati. Non pensa che lo Stato sia sufficientemente savio da distruggere gli ordini sociali spontanei sostituendoli con diritti di nuova creazione. Qui s’incontrano giusnaturalismo e utilitarismo, diritto razionale e spontaneismo, sinderesi e razionalismo evoluzionista. Uno Stato liberale non cancella le differenze «naturali», frutto cioè del processo di evoluzione culturale, in cui è depositata molta più saggezza di quanta ne possiederà Sandro Bondi in tutta una vita. Esso riconosce quel che già esiste: un’istituzione fondata, per dirla con Hegel, su matrimonio, patrimonio ed educazione dei figli (volutamente trascuriamo la dimensione sacramentale, che ai cosiddetti laici può non interessare). Lo Stato liberale è uno Stato di principi e non ha bisogno di inseguire la moda, «creando» per via legislativa l’uguaglianza tra il matrimonio e il fatto che due persone vivano sotto lo stesso tetto e magari dormano nello stesso letto. A chi sarà dato il privilegio di essere coppia di fatto? I coinquilini all’università rientrano nelle grazie di Galan? O costui si riserva un’ispezione rettale, per verificare che davvero ci sia anche del tenero?

Curiosi, questi liberali del PdL. Si contrappongono alla cultura cattolica, si preoccupano dei diritti civili, ma ragionano da keynesiani, vivono di spesa pubblica, non sentono l’esigenza di battersi perché nuovi settori del mercato siano aperti alla concorrenza. L’unica cosa cui bisogna fare concorrenza è la famiglia. Dire che non c’è differenza tra compagno e marito, de facto abolire il matrimonio (non ha senso conservare istituti giuridici diversi che significano la stessa cosa). E magari sostituire il welfare familiare e il principio di sussidiarietà, con un liberalissimo Stato sociale alla scandinava. Creare il diritto a nuove forme di relazioni sentimentali, ma non preoccuparsi se un commerciante non può aprire e chiudere il suo negozio quando diavolo vuole. Caro Galan, pensa un po’ di meno alle nostre lenzuola e un po’ di più alle nostre tasche.

Fonte: Il curioso caso dei liberali omosessualisti ~ CampariedeMaistre.

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