Isis: ecco perché la Turchia è un pericolo per l’Europa | No Cristianofobia

Che la Turchia, quella stessa Turchia che ha bussato alle porte dell’Unione Europea per chiedere d’entrarvi a farne parte, sia sfacciatamente schierata con l’Isis, è sempre più evidente: non potrebbe essere diversamente. Pur essendo “alleata” dell’Occidente perché membro della Nato, ha troppi interessi da difendere nella regione mediorientale: da una parte vuole contrastare il regime di Damasco, suo vero obiettivo; dall’altra, non intende assolutamente aiutare i curdi a ritagliarsi una zona autonoma, collegata al Kurdistan turco.

Per questo ha deciso di non intervenire con le truppe di terra ed anche di non concedere le basi aeree. Strano comportamento per un “alleato”. Ma c’è di peggio: è accusata sempre più di riciclare il petrolio prodotto e controllato dai miliziani islamici, proponendolo in Europa come proprio. Le smentite del governo di Ankara non si sono fatte attendere, ma si scontrano con quanto dichiarato all’Huffington Post da Pierre Terzian di Pétrostratégies. Tramite il grande polo petrolifero del porto turco di Ceyhan, l’oro nero arriva nel Continente, dove «vi sono senza dubbio Stati membri dell’Unione, che lo acquistano dalla Turchia, senza porsi troppe domanda sulla sua esatta provenienza»: lo ha dichiarato l’ambasciatrice dell’Unione Europea in Iraq, Jana Hybaskova, lo scorso settembre di fronte ai deputati della Commissione per gli Affari Esteri dell’Europarlamento. Ma questa tesi è stata confermata e sostenuta anche dall’eurodeputata portoghese Ana Gomes. Un affare calcolato ogni giorno in un range compreso tra 1,2 e 3 milioni di dollari.

Per tutto questo, mentre l’aviazione americana, aiutata dagli aerei Rafale francesi in Iraq, bombarda le postazioni Isis a Kobane, i carri armati turchi restano assolutamente fermi a guardare, nonostante il Parlamento di Ankara abbia autorizzato il ricorso alla forza. Con un linguaggio biforcuto, ch’è ormai una costante. Riflette il pericolo che Erdogan (nella foto) fa correre all’Europa, posizionandosi sempre più in un’ottica «neo-ottomana». Al punto da negare ai curdi anche la creazione di un corridoio umanitario, che consenta di portare armi e viveri a chi di loro stia al fronte.

A denunciare la pesante situazione, è stata l’emittente Radio Courtoisie: «La città curda siriana di Kobane – ha affermato – è sempre assediata dalle milizie islamiche dell’Isis. Il Paese vicino, la Turchia, persiste nel rifiuto di transito per le munizioni e per i volontari curdi, pronti a difendere questo territorio. Il pretesto, per assistere passivamente al conflitto, sta nel fatto di ritenere ‘irrealistico’ lasciar che siano dei civili a combattere i terroristi».

Ciò ha provocato la vibrata reazione degli interessati, che – ormai esasperati – hanno inscenato forti proteste nel Paese. Pesanti le conseguenze, una cinquantina di morti, soprattutto nelle regioni del Sud-Est della Turchia, dove il Pkk, il Partito dei Lavoratori, è elettoralmente maggioritario. Lo Stato turco, dal canto suo, accusa i curdi d’essere complici del Presidente siriano, Bashar al-Assad. Per questo ha sferrato un violento bombardamento aereo – questo sì! – contro gli insorti, che cercavano d’assumere il controllo di un posto di Polizia sulle montagne ad Est del Kurdistan turco. Una situazione, che rischia di riaccendere antichi dissapori…

Ci sarebbe solo un evento, che – qualora si verificasse – potrebbe spingere la Turchia a schierarsi immediatamente nel conflitto a fianco della coalizione guidata dagli Stati Uniti: se l’Isis cioè attaccasse la sua enclave di 25 chilometri in territorio siriano, nella regione d’Aleppo per la precisione. Qui il governo Erdogan presiede l’area con 60 soldati, considerandola rilevante per la sovranità del suo Paese: vi si trova, infatti, la tomba di Solimano Shah, nonno di Osman I, il sultano che ha fondato l’Impero ottomano. Qualora i miliziani del sedicente Stato islamico tentassero di violarlo, ciò equivarrebbe ad una dichiarazione di guerra e la Turchia, a quel punto, non potrebbe stare a guardare.

Nel frattempo, l’Isis prosegue la sua sanguinosa avanzata nella regione di Anbar, in Iraq, si avvicina all’aeroporto di Baghdad e prosegue i propri attentati: ha ammazzato un parlamentare sciita, ha rapito, torturato ed ucciso un giornalista curdo, ha ferito un cittadino americano in Arabia Saudita. Specialmente finché le sia possibile far conto su chi, come la Turchia, assiste senza batter ciglio…

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