La via italiana all’adozione gay | Tempi.it

novembre 15, 2014Giancarlo Cerrelli

Le unioni civili sono il battistrada per introdurre nel nostro ordinamento giuridico il matrimonio e l’adozione di minori per persone delle stesso sesso

gay-pride-bambinoÈ in atto, ormai da qualche tempo, un attacco all’istituto familiare, che sta divenendo sempre più aggressivo e articolato.

La strategia di tale attacco si muove su più fronti, da una parte favorendo l’accelerazione dell’eutanasia dei matrimoni in crisi, privatizzando e banalizzando il momento patologico della vita matrimoniale, con provvedimenti come quello promosso dal governo e già trasformato in legge, sulla c.d. negoziazione assistita, che consente ai coniugi in crisi di separarsi, o divorziare con l’aiuto di uno o più avvocati senza bisogno di passare dal giudice; o, alternativamente, con la possibilità da parte dei coniugi di rivolgersi direttamente e personalmente a un impiegato comunale, che farà le veci del sindaco, per procedere alla separazione, o al divorzio.

Accanto a tale provvedimento, si è in attesa, a breve, dell’approvazione, da parte del Parlamento, del cd. divorzio sprint, che consentirà di divorziare in tempi brevissimi, banalizzando, così, l’istituto matrimoniale.

Non è tutto!

A gennaio è prevista l’approvazione del disegno di legge sulle unioni civili tra persone dello stesso sesso, che riconoscerà alle coppie omosessuali, gli stessi diritti previsti per chi contrae un matrimonio, eccetto che per l’adozione, permessa, però, a favore del figlio del proprio partner omosessuale.

Le unioni civili per persone omosessuali, tuttavia, sono il battistrada per introdurre nel nostro ordinamento giuridico il matrimonio omosessuale, come del resto è avvenuto in altri Paesi in cui si è proceduto in modo analogo.

Non è, con tutto ciò, da trascurare un nuovo disegno di legge, che unito a quello sulle unioni civili potrebbe avere un effetto dirompente sull’istituto familiare.

Si tratta del d.l. n. 1209 dal titolo Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, in materia di adozioni dei minori da parte delle famiglie affidatarie che è stato licenziato, con un’insolita velocità, dalla Commissione giustizia del Senato il 4 novembre 2014 e che venendo incontro a una problematica diffusa e in parte anche comprensibile, che è quella degli affidi familiari di minori, invero consentirà in modo surrettizio l’accesso all’istituto dell’adozione ai single, anche omosessuali, aprendo di fatto la strada ad una disciplina de iure condendo a favore dell’adozione per le coppie omosessuali.

Andiamo, però, con ordine.

“Il minore – recita l’art. 2 della legge n. 184 del 4 maggio 1983, modificata dalla Legge n. 149 del 28 marzo 2001 temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo è affidato ad una famiglia, preferibilmente con figli minori, o ad una persona singola, in grado di assicurargli il mantenimento, l’educazione, l’istruzione e le relazioni affettive di cui egli ha bisogno”. 

“Ove non sia possibile l’affidamento nei termini di cui sopra, è consentito l’inserimento del minore in una comunità di tipo familiare”.

Com’è noto l’affidamento – a differenza dell’adozione che conferisce lo status permanente di genitore – ha soltanto natura temporanea e pertanto qualora il minore si trovasse, alla fine del periodo di affidamento, nelle condizioni di dover essere adottato, ai sensi dell’art. 8 della L. 184/1983, non sarà solitamente la famiglia affidataria ad adottare il minore, ma la scelta della famiglia adottiva sarà per lo più individuata in base ad un’apposita graduatoria.

Il disegno di legge n. 1209, di cui presto sarà iniziata la discussione nell’aula del Senato, per venire incontro ad alcune situazioni che sono comprensibili sul piano umano, prevede che: “quando il rapporto di affidamento si protrae ben oltre i ventiquattro mesi è assai probabile che si instauri un solido legame affettivo concepito di fatto quale un legame familiare a tutti gli effetti tanto dalla famiglia o dalla persona affidataria quanto dal minore. In questi casi, e solo in questi, risulta con tutta evidenza preferibile, nel «superiore interesse del minore», tutelare la continuità dei legami affettivi anche a costo di alterare marginalmente le procedure di adozione”. (dalla relazione al disegno di legge 1209).

Non discutiamo dei buoni propositi dei promotori del disegno di legge, idonei a venire incontro al “superiore interesse del minore”, ma non possiamo, tuttavia, non scorgere un pericoloso vulnus che sarebbe inferto, con l’approvazione di questo disegno di legge, all’istituto dell’adozione con conseguenze nefaste per la sua struttura e per il “superiore interesse del minore”.

Proviamo a esaminare il possibile scenario.

L’approvazione di tale disegno di legge consentirà “qualora, a seguito di un prolungato periodo di affidamento, il minore sia dichiarato adottabile e qualora, sussistendo i requisiti previsti dall’articolo 6, la famiglia affidataria chieda di poterlo adottare, il tribunale per i minorenni, nel decidere sull’adozione, tiene conto dei legami affettivi significativi e del rapporto stabile e duraturo consolidatosi tra il minore e la famiglia affidataria”.

Come detto, la legge attualmente in vigore, che regola l’affidamento, stabilisce, che il minore possa essere affidato a una famiglia, o a una persona singola, o a una comunità di tipo familiare.

Ora, se fino a qualche tempo fa, sul concetto di famiglia la giurisprudenza delle Corti di giustizia era concorde nel ritenerla conforme al dettato dell’art. 29 della Cost. che la considera società naturale fondata sul matrimonio, oggi, invece, per le Corti non è più così.

La Corte EDU di Strasburgo, infatti, per citare un esempio – nel caso Schalk e Kopf c. Austria – ritiene artificiale sostenere l’opinione che, a differenza di una coppia eterosessuale, una coppia omosessuale non possa godere della vita familiare ai sensi dell’art. 8 CEDU.

Anche il Parlamento europeo in diverse risoluzioni, ha raccomandato agli Stati membri di non interporre ostacoli al matrimonio di coppie omosessuali, garantendone la genitorialità, attraverso la possibilità di adottare e ricevere in affidamento minori, e attribuendo loro gli stessi diritti spettanti alle tradizionali famiglie eterosessuali fondate sul matrimonio.

Tali orientamenti hanno trovato accoglienza, seppur parzialmente, anche dalle Corti di giustizia italiane; la Corte Costituzionale, ad esempio, pur ribadendo l’unicità del modello costituito dalla famiglia eterosessuale fondata sul matrimonio, ha sancito con la sentenza 138/2010 il diritto dei “componenti della coppia omosessuale, quali titolari  del diritto alla “vita familiare”, di adire i giudici comuni per far valere, in presenza di “specifiche situazioni”, il diritto ad un trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata”

Da ultimo, poi, la Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi sull’affidamento esclusivo del figlio minore alla madre convivente con un’altra donna (Cass. n. 601/2013) ha statuito la legittimità del suddetto affidamento, precisando che crescere in una famiglia omosessuale non può avere ripercussioni negative sullo sviluppo del minore se questo non viene provato con dati scientifici.

Il concetto di famiglia, dunque, per le Corti di giustizia non è più univoco come una volta e la struttura giuridica dell’istituto familiare ne risente, anche riguardo ai figli.

Una certa giurisprudenza creativa, intenta a mutare le basi sociali e giuridiche del matrimonio e della famiglia, è consapevole che l’istituto dell’adozione è la testa di ponte per procedere più facilmente allo smontaggio della famiglia naturale.

In tal senso varie sono le pronunce delle Corti di giustizia che fanno pressing a favore di una riscrittura dell’istituto dell’adozione che comprenda come soggetti adottanti anche le coppie dello stesso sesso.

Recentemente la Grande Camera della Corte europea diritti dell’uomo di Strasburgo con una pronuncia del 19 febbraio 2013, caso X e altri c. Austria ha affermato che:

“la relazione esistente tra una coppia omosessuale che convive di fatto in maniera stabile rientra nella nozione di vita famigliare così come quella di una coppia eterosessuale che si trova nella stessa situazione” e, dunque quando un minore vive insieme a loro, la vita familiare comprende anche quest’ultimo.

Il Tribunale per i minorenni di Bologna, non è da meno; con il decreto del 31 ottobre 2013 è stato antesignano nel mutuare le tendenze giurisprudenziali che si agitano contro la famiglia intesa come società naturale, confermando l’affidamento ad una coppia omosessuale di un minore temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo. Tale decreto ha costituito una delle prime concrete applicazioni della nuova nozione di “famiglia” elaborata dalla giurisprudenza di legittimità sulla base delle pronunce della Corte costituzionale e della Corte europea dei diritti dell’uomo.

Il presupposto di tale provvedimento di affidamento e del decreto con cui è stato reso esecutivo è costituito dalla qualificazione della coppia omosessuale come una “famiglia”.

Da questo decreto l’affido familiare è, infatti, interpretato con riferimento non solo alla famiglia fondata sul matrimonio ma anche a quella fondata sulla convivenza, eventualmente omosessuale.

Tale provvedimento, molto discutibile e per nulla condivisibile, dimostra come la strada si stia ormai aprendo a un’estensione dell’adozione anche alle coppie omosessuali, partendo molto spesso dall’affidamento.

Nella linea di voler dare diritto di cittadinanza nel nostro ordinamento all’adozione da parte di persone omosessuali si pone la recentissima decisione sempre del Tribunale di Bologna, dell’11 novembre 2014, che ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli articoli 35 e 36 della legge 184/1983 (sulle adozioni internazionali) nella parte in cui “non consentono al giudice di valutare, nel caso concreto (due donne, sposate in America e residenti in Italia, che hanno chiesto al Tribunale di riconoscere la sentenza americana con la quale era stata disposta l’adozione di una minore, figlia biologica di una della due) se risponda all’interesse del minore adottato il riconoscimento della sentenza straniera che abbia pronunciato la sua adozione in favore del coniuge del genitore, a prescindere dal fatto che il matrimonio stesso abbia prodotto effetti in Italia”

Ancora più sintomatica di queste tendenze pro adozione gay, è la sentenza del Tribunale per i Minorenni di Roma del 30 luglio 2014 n. 299 che ha riconosciuto la stepchild adoption, cioè l’adozione del figlio del proprio partner dello stesso sesso.

Con questi presupposti è facile immaginare come il disegno di legge n. 1209, possa diventare il “cavallo di Troia”, per aprire più facilmente il nostro ordinamento, dapprima all’affidamento di minori a persone omosessuali singole e/o in coppia e in seguito – per mezzo d’interpretazioni creative delle Corti di giustizia, che utilizzeranno, da principio sempre con più frequenza l’escamotage dell’adozione in casi particolari (art. 44, L. 184/1983) – giungere al definitivo superamento del limite posto dall’art. 6 della L. 184/1983, che consente attualmente l’adozione solo a coppie regolarmente coniugate.

La svolta, infatti, sarà determinata nel momento in cui saranno approvate le c.d. unioni civili alla tedesca – che prevedono la stepchild adoption, cioè l’adozione del figlio del proprio partner omosessuale – alle quali sarà attribuito, nella sostanza, lo stesso status del matrimonio fra un uomo e una donna. In tal caso, a situazioni analoghe dovrà corrispondere la stessa disciplina; pertanto, andranno riconosciuti ai conviventi omosessuali gli stessi diritti dei coniugi con tutto ciò che ne consegue, anche in tema di affidamento dei minori (come statuito da ultimo, con la sentenza Vallianatos e altri v/s Grecia, del 7.11.2013).

Per tali motivi è preoccupante l’eventuale approvazione del disegno di legge n. 1209 sulla riforma dell’affido familiare, perché tale proposta di legge, unita al riconoscimento delle unioni civili, farà da battistrada per l’introduzione nel nostro ordinamento dell’adozione da parte delle persone omosessuali.

Non basterà più, a quel punto, neppure, invocare la discrezionalità del legislatore nazionale a non riconoscere alle coppie omosessuali il diritto al matrimonio e ai diritti derivanti (Gas e Dubois vs Francia).

La battaglia, pertanto, dovrà essere preventiva, è necessario iniziarla oggi, per evitare di piangere lacrime amare domani.

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