Rissa al Just In. Non fu per omofobia | Tempi.it

ottobre 4, 2014Benedetta Frigerio

Intervista al legale dei buttafuori del locale, tutti assolti. Il caso ebbe grande risonanza sui media che iniziarono a parlare dell’urgenza di una legge che contrastasse le discriminazioni per l’orientamento sessuale

arcigayRicordate la denuncia di Marco Coppola, allora presidente dell’Arcigay di Verbania e membro della segreteria nazionale, che nel marzo del 2012 dichiarò di essere stato insultato e aggredito, insieme al compagno e a due amici, da tre buttafuori della discoteca “Just In” di Germignaga perché omosessuale? Ricordate il clamore che seguì con la stampa che domandò una legge urgente contro l’omofobia? Tempi.it, già allora, vi raccontò come sul caso vi fossero molti punti oscuri.
Ebbene, il giudice Rossella Ferrazzi, del tribunale di Varese, ha prosciolto gli imputati perché «il fatto non sussiste». Anzi, Coppola e i suoi amici sono stati denunciati dal proprietario della discoteca per diffamazione a mezzo stampa e calunnia, così come Emilio Fede che al Tg4 si lanciò in una dura reprimenda contro i gestori del locale.
«Dal video registrato dalle telecamere non apparse nemmeno una percossa», mentre un buttafuori fu «morso alla coscia interna da uno dei due ragazzi, ricevendo un calcio in faccia dalla ragazza del gruppo, con piena confessione della stessa in udienza», spiega a tempi.it Fabio Margarini, difensore di due dei tre buttafuori.

PRESUNTA EMERGENZA. All’epoca dei fatti, tramite un comunicato stampa, l’Arcigay di Verbania sostenne che Coppola e il compagno «stavano ballando su un cubo tra di loro quando, “identificati” come omosessuali, sono stati costretti a scendere, insultati, brutalmente pestati e infine allontanati dal locale». Coppola spiegò che «il buttafuori “omofobo” si è presentato come semplice cliente arrabbiato con noi, perché su quel cubo volevamo provarci con la sua fidanzata», dopodiché sarebbero stati «buttati fuori a scarpate, con pugni e calci e spingendo». Sì parlò anche di insulti rivolti ai ragazzi («froci di m…», «finocchi», etc).
Diffondendo poi un’immagine in cui appariva con il collarino, la presunta vittima domandò: «Perché questo governo, seppure con altre priorità, non decreta urgentemente l’estensione della legge Mancino?». Le prime pagine dei quotidiani e le aperture dei tg gli fecero eco insieme all’allora presidente nazionale dell’Arcigay, Paolo Patanè, che denunciando già da qualche mese un’escalation di presunte aggressioni “omofobe”, prese la palla al balzo: «Dov’è il legislatore? È necessaria una buona legge sull’omofobia, subito, nessuno ci può chiedere di attendere ancora».

LA PROVA VIDEO. I proprietari della discoteca difesero i loro dipendenti, dicendo che erano intervenuti «per sedare un alterco fra due ragazzi, esclusivamente per evitare una situazione di pericolo». I proprietari precisarono anche che «il Just In ospita le serate gay di Plastic, dopo la chiusura del locale milanese» e sottolinearono che era «quantomeno improbabile che i presunti soggetti malmenati potessero essere stati “identificati” come omosessuali».
Solo due giorni dopo l’aggressione «con pugni e calci», il volto di Coppola appariva senza alcun segno. «Nel video – continua Margarini – Coppola non riceve nemmeno una percossa, infatti si è corretto in dibattimento limitandosi a dire che le lesioni se le è procurate perché fatto cadere dalle scale da un addetto alla sicurezza».

VITTIMA O AGGRESSORE? L’avvocato racconta che «il personale di sicurezza fu costretto a intervenire per allontanare alcuni clienti saliti sul cubo vietato al pubblico, dopo che furono invitati a scendere». Uno dei ragazzi, quello «più alterato», fu accompagnato fuori dal locale «pacificamente». Qui, il buttafuori tentò «di calmare gli animi dei ragazzi», che, invece che allontanarsi, «li offesero, cercando anche di rientrare nel locale». Fermato, uno di loro aggredì «uno degli addetti alla sicurezza». Dalle immagini visionate dalla polizia giudiziaria, «dove i ragazzi non ricevono alcuna percossa», emerge quanto ricostruito dalla difesa. Mentre dal «dibattimento non è emersa alcuna prova di parole di quel tenore» e neppure di «lite per motivazioni omofobe».

RITRATTAZIONI. Già nel giugno del 2012 la ricostruzione dei fatti sembrò ormai dar ragione a questa ricostruzione. Il prefetto Francesco Cirillo, vice del capo della Polizia, e presidente dell’Oscad, intervistato dall’Espresso, fu quindi costretto ad ammettere che «a volte l’Oscad smaschera pure i falsi. Come nel caso di Varese, qualche settimana fa. Un gruppo di gay ha denunciato un’aggressione in discoteca e gli esperti del Viminale sono entrati in azione: abbiamo scoperto che l’orientamento sessuale non c’entrava. Erano stati i gay a provocare».
Perché accusare proprio una discoteca di omofobia? «Non ho idea», conclude Margarini, ma «a quanto mi consta non è la prima volta». Eppure il caso era arrivato anche in parlamento con numerosi interventi a sostegno di una norma contro l’omofobia e l’introduzione, l’anno successivo, del disegno di legge Scalfarotto.

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