ZENIT – L’evangelizzazione: un elettroshock per l’indifferenza del mondo odierno

Il cardinale Ravasi parla dell’evento del Cortile dei Gentili ad Assisi, del Sinodo di ottobre e di una Nuova Evangelizzazione che deve riflettersi anche in un insegnamento più innovativo della religione

di Salvatore Cernuzio

ROMA, martedì, 25 settembre 2012 (ZENIT.org) – Al termine della conferenza di presentazione dell’evento del Cortile dei Gentili, “Dio questo sconosciuto. Dialogo tra credenti e non credenti”, che si svolgerà il 5 e 6 ottobre, ad Assisi, ZENIT ha intervistato il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura.

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L’evento del Cortile dei Gentili è stato un evento di pre-evangelizzazione che ha creato terreno fertile per l’imminente Sinodo dei vescovi dedicato appunto alla Nuova Evangelizzazione. Cosa si aspetta, invece, il Cortile dal grande assise di ottobre?

Card. Ravasi: Prescindendo dal fatto che lo stesso Sinodo cita il Cortile dei Gentili nell’Instrumentum Laboris, ciò che noi ci aspettiamo è che la presentazione della fede avvenga in una forma, con un linguaggio, che sia il più possibile comprensibile, non soltanto per i credenti ma anche per l’orizzonte culturale generale. Cioè che non sia soltanto autoreferenziale o legato a formule che, seppur preziose, sono ormai datate.

È qui l’importanza della comunicazione della fede, che è quello che, in un certo senso, facciamo anche noi, senza però voler evangelizzare.

E in questa direzione, quale potrebbe essere una formula efficace per vincere anche quel mare di indifferenza che lei, durante la conferenza, ha accusato essere l’atteggiamento più pericoloso del mondo attuale?

Card. Ravasi: Penso che per vincere la “nebbia” della superficialità, della banalità, dell’indifferenza generica, ci siano due strade. Una è quella adottata da alcune Chiese americane, soprattutto protestanti, che è il proporre l’essenziale, il minimo, impegnandosi, particolarmente, sul versante della carità, del volontariato e dell’impegno sociale. È questa una componente certamente significativa, ma, a mio avviso, insufficiente, in quanto la Chiesa non è “un’agenzia caritativa”.

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