Camille Eid: dai Fratelli musulmani brutti segnali per i cristiani

Khairat el-Shater scenderà in campo. Il nome non ci dice nulla, né tantomeno il fatto che correrà per la presidenza della Repubblica in forza ai Fratelli musulmani. Che, dal canto loro, andavano ripetendo da mesi che Giustizia e Libertà, loro emanazione politica, non avrebbe espresso un candidato. L’annuncio era necessario a rassicurare gli osservatori internazionali dato che, dalla caduta del regime, hanno già occupato la maggior parte delle poltrone occupabili. In tal senso, hanno promesso che cederanno alcuni seggi ottenuti all’Assemblea costituente, (dove sono maggioranza e assieme ai salafiti di al-Nour Party determinato la presenza di 65 islamisti su 100 deputati) a dei professionisti esterni. Onde evitare un’esagerata islamizzazione della ventura carta fondamentale. Abbiamo chiesto a Camille Eid se tutto ciò possa essere inscritto nella semplice dialettica politica.

Cosa ne pensa della candidatura di Khairat el-Shater?

Anzitutto, formalmente, non è stato lui a candidarsi. La sua candidatura è stata proposta. Gli islamisti hanno potuto, così, affermare che la Sunna – il codice di comportamento, o la regola islamica – è stata rispettata. Essa, infatti, prevede che la candidatura non sia avanzata dalla persona in questione, ma dalla leadership islamica, definita imarah. Faccio notare che l’affronto della questione in questi termini è tipico del califfato.

Cosa intende dire?

Sul fronte della presidenza della Repubblica i Salafiti e i Fratelli musulmani, normalmente avversari, hanno convenuto con gli altri partiti islamici sulla medesima candidatura. E il fatto di averla ritenuta islamicamente legittima la dice lunga sull’assetto che potrebbe assumere  il futuro Egitto. Certo, le parole dei Fratelli musulmani sono rassicuranti: affermano di essere intenzionati a rispettare la democrazia, i principi del pluralismo e i fondamentali diritti dell’uomo.

Ma…

Hanno la maggioranza in Parlamento. Avevano annunciato che avrebbero rinunciato alla presidenza delle Repubblica cui, per inciso, sono attribuiti gran parte dei poteri dello Stato, sulla falsariga del modello francese. E si sono rimangiati la parola. Il consiglio direttivo del movimento ha votato a maggioranza la proposta di far correre Khairat el-Shatersi nonostante avessero promesso di non presentare alcun candidato. Oltre a non essere sempre leali rispetto alle promesse fatte stanno conquistando i centri chiave del potere egiziano escludendo tutte le minoranze. Una replica di quanto avvenne con Mubarak che, avendo i numeri, acquisì tutte le cariche.

Quali sono le perplessità maggiori relative alla figura di Khairat el-Shatersi?

Quelle espresse dai partiti della minoranza. Lui è il numero due del movimento islamico. In molti si sono chiesti se, una volta conquistata la presidenza della Repubblica, non prenderà ordini dal numero uno. Si dà il caso che la guida politica dei Fratelli musulmani e quella spirituale coincidano.  

La rinuncia a un certo numero di deputati è un segnale di apertura?

Sono disposti a rinunciare a qualcosa in cambio di qualcos’altro. Se questo qualcos’altro è la presidenza, della Repubblica, meglio che si tengano i deputati.  

Quali rischi corre la comunità cristiana?

La Costituzione, attualmente sospesa, aveva come riferimento principale la Sharia. Il timore è che i Fratelli musulmani o il loro presidente aggravino di misure comportamentali o relative all’abbigliamento le discriminazioni già subite dai cristiani.

Quali discriminazioni?

L’elenco è lungo. Si va dal divieto di insegnare la lingua araba, perché è la lingua del Corano, alle pesanti restrizioni nella costruzione o nel restauro di luoghi di culto, per le quali è necessario un decreto presidenziale.

Le violenze contro i cristiani o i loro villaggi potrebbero acuirsi?

Non che con Mubarak non ce ne fossero. L’attentato contro la Chiesa di Alessandria, tanto per citarne uno, era stato orchestrato da lui per giustificare il pugno di ferro. Sta di fatto che, in questi 15 mesi, abbiamo constato un aumento, a fronte di una giustizia che non ha ripreso in mano la situazione. Difficile, quindi, fare previsioni. Diciamo che la posta in gioco è alta.

C’è il rischio di una fuga dall’Egitto?

Mi auguro di no. Tanto più che, nonostante gli ultimi anni di esodo copto, vi risiedono, infatti, i due terzi della cristianità orientale.

Proprio di recente, i cristiani copto-ortodossi hanno perso papa Shenuda III

Shenuda III aveva una grande esperienza, anche politica; nel corso degli anni aveva saputo mantenere un atteggiamento di assoluta fermezza nei confronti del regime tanto che, già ai tempi di Sadat, fu esiliato nel deserto; è venuto a mancare in un momento assai critico e l’elezione del nuovo patriarca ha tempi lunghi e procedure complicate. Considerando che il nuovo capo della Chiesa copta avrà bisogno di tempo per farsi le ossa, c’è da sperare che i fedeli sappiano stringersi attorno a lui a fargli da scudo.

Ci risulta che fosse amato anche dagli stessi islamici.

Sta di fatto che moltissimi  deputati si sono rifiutati, in Parlamento, di osservare un minuto di silenzio in suo onore.

 (Paolo Nessi)

Fonte:  www.ilsussidiario.net.

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